Guardie giurate aggredite al Policlinico Umberto I da un egiziano: “Scene inaccettabili”

Momenti di paura e violenza al Policlinico Umberto I, dove tre guardie particolari giurate sono state aggredite da un cittadino egiziano senza fissa dimora e con diversi precedenti penali. L’episodio, avvenuto nei pressi del pronto soccorso, ha scatenato caos e panico tra pazienti e personale sanitario, riaccendendo il dibattito sulla sicurezza nelle strutture ospedaliere e sulla gestione degli stranieri socialmente pericolosi.
Secondo la ricostruzione, l’uomo era stato medicato per una ferita al polso quando, all’improvviso, ha colpito con violenza i vigilanti, utilizzando sassi, calci e pugni. Due di loro, un 32enne e un 58enne romani, sono rimasti feriti con prognosi di dieci giorni per lesioni e contusioni. Non contento, l’aggressore ha distrutto a colpi di pietre il gabbiotto della vigilanza, divelto le sbarre di accesso ai veicoli d’emergenza e danneggiato anche l’auto privata di un’infermiera, prima di essere bloccato dai Carabinieri del Nucleo Radiomobile.

Usmia: “Inaccettabile che chi ha precedenti resti libero di delinquere”
Durissimo il commento dell’Usmia (Unione Sindacale Militari Interforze Associati), che in una nota ha espresso indignazione e vicinanza alle guardie giurate ferite: “Scene inaccettabili, che lasciano senza parole e suscitano un forte senso di impotenza di fronte alla violenza, accompagnate da profonda frustrazione per chi indossa un’uniforme e rappresenta lo Stato”.
Il segretario generale Carmine Caforio ha sottolineato come l’uomo, nonostante l’arresto e le accuse di violenza e lesioni a pubblico ufficiale, danneggiamento e interruzione di pubblico servizio – reati aggravati dalle nuove norme del pacchetto sicurezza per i fatti avvenuti in ospedale – sia stato condannato a soli dieci mesi con pena sospesa, tornando immediatamente in libertà.
“Espulsione solo formale”
Dalla Questura è emerso che l’aggressore ha presentato domanda di protezione internazionale per asilo politico, condizione che rende di fatto inefficace ogni tentativo di espulsione. Una situazione che, secondo Usmia, evidenzia le gravi criticità del sistema: “Per quanto tempo soggetti socialmente pericolosi e incompatibili con la permanenza sul nostro territorio potranno continuare a delinquere, mettendo a rischio l’incolumità pubblica e i nostri beni? Quanto è costato allo Stato questo straniero che, dopo appena 48 ore, è tornato a fare quello che faceva prima?”.
L’appello di Usmia
Il sindacato dei Carabinieri chiede ora un cambio di passo deciso: misure coercitive urgenti e risolutive, certezza della pena e maggiore tutela per le forze dell’ordine, affinché non vengano delegittimate ma possano operare con piena autorevolezza. Caforio ha inoltre ribadito la necessità di distinguere con chiarezza: “Non è più tollerabile che stranieri con numerosi precedenti restino in Italia liberi di delinquere. Ma è altrettanto doveroso tutelare i tanti immigrati perfettamente integrati, che vivono onestamente e contribuiscono alla collettività”.
L’uso del taser
Nella sua nota, Usmia ha anche respinto con forza la definizione del taser come “strumento di tortura”, recentemente attribuita dal Garante dei detenuti dopo i casi di Olbia e Genova: “La morte resta sempre una tragedia, da qualunque parte avvenga – osserva Caforio – ma chi sceglie la strada della violenza e mette a rischio vite innocenti non può essere considerato vittima se, disgraziatamente, cade sotto il peso delle proprie azioni”.