Guidonia, cieli blu alle esequie per gli ufficiali piloti Giuseppe e Marco

funerali guidonia (2)

Contenuti dell'articolo

Ultimo saluto, nella Parrocchia Beata Maria Vergine di Loreto di Guidonia (Roma), agli ufficiali piloti Giuseppe Cipriano e Marco Meneghello, morti nell’incidente aereo avvenuto nella tarda mattinata di martedì scorso mentre erano ai comandi dei velivoli U-208A, nell’ambito di una missione di addestramento nei pressi della base aerea del 60esimo Stormo a Guidonia. La cerimonia funebre è officiata dall’ordinario militare per l’Italia monsignor Santo Marcianò, alla presenza del Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, generale di squadra aerea Luca Goretti, autorità civili e militari per stringersi a familiari e colleghi. Oggi le bandiere di tutte le basi dell’Aeronautica Militare sono a mezz’asta in segno di lutto.

L’arcivescovo: Giuseppe e Marco, come si può essere pronti a morire così giovani?

“Ma come si può essere pronti a morire così giovani e così all’improvviso? Non possono forse dirsi pronti solo coloro che hanno vissuto una vita lunga, costellata da successi e fatiche? O non è piuttosto pronto chi si trascina in un’esistenza spenta e senza sogni, chi la morte la aspetta, la desidera, tenta di sfidarla con comportamenti di rischio estremo? Giuseppe e Marco hanno vissuto il rischio, sì, ma non quello di chi sfida la morte perché disprezza la vita! È piuttosto il rischio previsto in una professione che, se portata avanti fino alla fine, espone al rischio stesso della propria vita per il bene della vita altrui”. Lo ha detto nell’omelia l’arcivescovo Ordinario militare per l’Italia, Santo Marcianò. “Due vite accomunate da una passione infinita per il volo e da una grande competenza nello svolgimento dei propri compiti – ha sottolineato.

Ecco chi erano i due aviatori

“Giuseppe: un’esperienza di istruttore di volo lunga, validissima e richiesta anche all’estero, in scuole, in missioni di sostegno alla pace, come pure nel supporto alla Protezione civile per le calamità naturali e i trasporti sanitari. Marco: una dedizione consegnata a compiti diversi, tra i quali il soccorso aereo e il trasporto di pazienti in biocontenimento nell’emergenza pandemica da Covid 19. Due esistenze intense, seppur brevi”. “Così, i nostri due amici ci hanno insegnato, e lo insegnano soprattutto ai più giovani, che è pronto a morire chi vive la vita, non chi si lascia vivere. È pronto a morire chi ama la propria vita, per questo protegge e difende la vita altrui; chi ama la vita e non chi la disprezza o procura la morte, dei fratelli o la propria – ha proseguito -.

Hanno vissuto la vita intensamente

È pronto chi fa di tutto perché la vita umana sia rispettata nella sua grande dignità e bellezza, consapevole di come la vita sia bella e vada gustata in profondità, non sprecata in preoccupazioni insensate ma neppure semplicemente consumata con la pigrizia, il piacere o lo sballo. E’ pronto dunque chi gusta la vita lasciando spazio ai sogni, vivendo ogni istante come se fosse l’unico, trattando ogni persona come se fosse l’unica. E voi amici, colleghi, familiari di Marco e Giuseppe potete testimoniare di esservi sentiti trattati e amati così, come persone uniche, tanto da trovare in loro un saldo punto di riferimento”. “Sì, loro erano pronti; siamo noi a non essere pronti. Siamo noi a sentirci feriti e spiazzati da una morte che separa brutalmente dall’affetto di figli, fratelli, mariti, padri, compagni, amici…

Il paese sconvolto dalla tragedia di Giuseppe e Marco

Che ha sconvolto pure gli abitanti di Guidonia, per i quali gli uomini e le donne dell’Aeronautica Militare sono da sempre compagni di strada – ha proseguito monsignor Marcianò -. Ed è la stessa Aeronautica Militare, la famiglia dell’Aeronautica a non essere pronta. A sperimentare un dolore intimo e acuto per la perdita di due dei suoi uomini e, al contempo, a percepire questa morte quasi come ombra gettata sulla gioia del centenario, la cui celebrazione segna questo anno e raggiungerà a breve un momento altamente solenne, preparato, purtroppo, anche dall’esercitazione nella quale questi piloti hanno perso la vita. Noi non siamo pronti. Loro lo erano perché hanno saputo vivere con intensità”.

“Cari Giuseppe e Marco, siamo affranti dal dolore ma vogliamo immaginarvi così, felici. Felici di non aver consumato invano la vita ma di esservi consumati nell’amore fraterno, nell’amicizia e, soprattutto, in un servizio che è stata la vostra passione, la vostra dedizione al bene della gente e del nostro Paese”, ha concluso.