Guidonia, strade su 15mila mq di terreni privati, Tribunale al Comune: “Paghi entro 4 mesi”. Rischio commissariamento
Guidonia, strade, rotatorie, parcheggi, piazze: opere che i cittadini vedono e usano ogni giorno. Ma cosa succede se sotto quell’asfalto, sotto quei marciapiedi, c’è un grande terreno che – almeno secondo una società privata – non è mai stato “messo a posto” davvero dal punto di vista legale? È la domanda che arriva dritta dal TAR Lazio, che con una sentenza pubblicata quest’oggi 26 novembre 2025 ha richiamato il Comune di Guidonia a una regola semplice: non si può restare in silenzio quando un privato chiede chiarimenti formali su un’area utilizzata per opere pubbliche.
Guidonia non risponde al privato e il Tribunale inchioda il Comune
La società P.S.T. (nome oscurato, come da richiesta) aveva inviato una diffida già nel luglio 2024: “Qui avete realizzato opere pubbliche su un’area che riguarda noi, ora serve una decisione”. Secondo quanto riportato negli atti, parliamo di quasi 15 mila metri quadrati: non un pezzetto di terra qualsiasi, ma un’area ormai trasformata con piazza, rotatoria, marciapiedi, fermata bus, verde attrezzato, e perfino un edificio pubblico.
Il Comune di Guidonia, però, non ha dato un riscontro formale. E quando la pubblica amministrazione tace su una richiesta che deve essere chiusa con un sì o con un no motivato, quel silenzio diventa un problema. Un problema che può finire in Tribunale. E infatti è finito lì.
“Basta tira e molla”: ora entro 120 giorni una risposta nero su bianco
Il TAR non entra nel merito come farebbe un giudice che deve stabilire “chi ha ragione” su tutto. Qui il messaggio è più diretto e, se vogliamo, più politico: l’amministrazione deve prendersi la responsabilità di decidere. Entro 120 giorni, Guidonia dovrà pronunciarsi con un atto scritto e motivato.
Tradotto: non è più tempo di rinvii, di “stiamo valutando”, di pratiche che restano nel limbo. Il TAR dice: o regolarizzate o scegliete un’altra strada, ma scegliete.
Cosa può succedere adesso: o si paga o si cambia rotta
La questione ruota attorno a un meccanismo previsto dalla legge che, detta semplice, serve quando un Comune di Guidonia si ritrova a usare un bene privato per finalità pubbliche e deve rimettere le cose in ordine. In concreto, l’amministrazione può decidere di tenere l’area e riconoscere un ristoro economico, oppure scegliere soluzioni diverse, come restituzione e ripristino, se possibile.
Non è un automatismo: il TAR non dice “dovete pagare e basta”. Ma dice qualcosa di altrettanto pesante: non potete continuare a usare e non decidere, perché così la situazione resta sospesa e diventa una ferita aperta.
Il segnale più duro per Guidonia: “Se non decidete voi, decide un commissario”
C’è un altro passaggio che pesa, e molto. Se il Comune di Guidonia dovesse continuare a non muoversi, la sentenza mette già la seconda marcia: arriva un commissario ad acta, cioè qualcuno nominato per sostituire l’amministrazione e chiudere la pratica al posto suo. E non un nome qualsiasi: un dirigente del Ministero dell’Interno (o un delegato).
In parole povere: se Guidonia non decide, Roma decide per Guidonia. E questo, per un Comune, è anche un messaggio pubblico di sfiducia sulla capacità di governare un dossier.
Soldi pubblici e responsabilità: il conto rischia di pagarlo la comunità
Intanto una prima spesa è già certa: il TAR condanna il Comune di Guidonia a 1.000 euro di spese legali a favore di P.S.T., oltre accessori. Ma la vera partita, quella che interessa i cittadini, è un’altra: se si andrà verso un “ristoro” economico importante o verso soluzioni complesse, a pagare sarà comunque l’ente, quindi indirettamente la collettività.
Ed è qui che la vicenda smette di essere solo una lite tra Comune e società: diventa un tema di amministrazione concreta, di scelte, di atti fatti bene o male, di tempi rispettati o ignorati.
Perché questa storia riguarda chiunque viva Guidonia
Al di là delle carte e dei tecnicismi, il TAR sta dicendo una cosa che in politica locale dovrebbe essere una regola d’oro: le opere pubbliche devono stare in piedi anche sul piano della legalità e della trasparenza. Se c’è un rebus su proprietà e titoli, non lo si lascia marcire per anni.
Ora la palla è al Comune: entro 120 giorni dovrà dire chiaramente come intende “chiudere il conto”. Perché il tempo delle mezze risposte – e soprattutto del silenzio – è finito.