“I Giochi della Speranza” a Rebibbia: quando lo sport diventa riscatto e rieducazione

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Venerdì 13 giugno, all’interno del carcere romano di Rebibbia, andrà in scena la prima edizione de “I Giochi della Speranza”, una manifestazione sportiva senza precedenti, pensata per unire detenuti, agenti di polizia penitenziaria, magistrati e rappresentanti della società civile sotto il segno della speranza, dello sport e della rinascita. L’evento, promosso in occasione del Giubileo degli sportivi, rappresenta una nuova frontiera dell’inclusione e della rieducazione attraverso l’attività fisica in ambito penitenziario.

Un’iniziativa simbolica e concreta: lo sport come strumento di reinserimento sociale

Il progetto è frutto della sinergia tra la Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) e la rete di magistrati “Sport e Legalità”, ed è stato presentato nel corso del convegno “Lo Sport Dentro”, un appuntamento che ha messo in luce il valore educativo e rieducativo della pratica sportiva nelle carceri italiane. «Il convegno ci ha permesso di porre l’attenzione sull’importanza dell’attività sportiva nelle carceri – ha dichiarato Daniele Pasquini, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport –. Lo sport rappresenta un bisogno primario, spesso sottovalutato, ma cruciale per la dignità e la salute mentale e fisica dei detenuti. “I Giochi della Speranza” vogliono essere una risposta concreta a questa necessità, un modello replicabile in altri istituti penitenziari italiani».

Tre motivi per cui lo sport è essenziale nelle carceri

Durante il convegno, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Perugia, Sergio Sottani, ha sottolineato il ruolo fondamentale dello sport in carcere: Contrastare l’inattività forzata: molte ore in cella senza attività rischiano di compromettere l’equilibrio psicofisico del detenuto; Restituire significato al tempo: lo sport riempie di contenuti un luogo spesso percepito come “vuoto”; Favorire l’inclusione: praticare sport aiuta a non sentirsi isolati dal mondo esterno.

“Sport per tutti in carcere”: la visione di Sport e Salute

Anche Marco Mezzaroma, presidente di Sport e Salute, ha ribadito l’impegno a favore dello sport in contesti detentivi: «Abbiamo già finanziato 147 progetti sportivi in 70 carceri per adulti e 10 per minori. Ma non basta: servono nuove risorse, nuove sinergie, anche con il mondo del privato. Investire nello sport in carcere significa offrire un vero spazio di libertà, dove il recupero è possibile».

Rebibbia, dove la speranza prende forma

Non è un caso che questa prima edizione si tenga a Rebibbia, luogo simbolico in cui Papa Francesco ha aperto la Porta Santa del Giubileo il 26 dicembre scorso, come gesto di inclusione e misericordia verso i detenuti. Nel dettaglio, l’evento prevede una mini-olimpiade con la partecipazione di quattro squadre miste composte da: detenuti; agenti della polizia penitenziaria; magistrati; rappresentanti della società civile Le discipline sportive scelte sono: calcio a 5; pallavolo; atletica leggera; tennis tavolo; calcio balilla; scacchi. Una giornata intensa, che inizierà alle 8.00 con la cerimonia di apertura, proseguirà dalle 8.30 con le gare sportive e si concluderà alle 13.00 con le premiazioni.

Un logo che racconta un sogno condiviso

Anche il logo dei Giochi della Speranza è ricco di significato: rappresenta tre atleti che si slanciano verso una palla, simbolo di sole e speranza, in un gesto atletico ma anche spirituale. Un omaggio al motto olimpico “Citius, Altius, Fortius”, ideato dal domenicano Henri Didon, padre spirituale dell’olimpismo moderno, amico e consigliere del barone De Coubertin. I colori del logo riprendono quelli dei cinque cerchi olimpici, richiamando i valori universali dello sport come strumento di crescita, riscatto e inclusione sociale.

Lo sport come ponte tra dentro e fuori

“I Giochi della Speranza” non sono solo un evento sportivo, ma un manifesto per una nuova idea di giustizia rieducativa. Un modello di reinserimento che parte dal corpo per arrivare alla mente e al cuore. Un’esperienza che mostra come lo sport, anche tra le mura di un carcere, possa costruire ponti, abbattere muri invisibili e restituire dignità a chi cerca una seconda possibilità.