I trombati delle elezioni regionali: Maria Rosaria Boccia 89 voti. Fuori Nichi Vendola e Marco Rizzo
Trombati e miracolati. Dopo la chiusura delle urne in Campania, Puglia e Veneto, si contano i voti. E non tutti possono ridere, anzi. C’è chi piange lacrime amare, perché in queste elezioni regionali 2025 ci aveva sperato e creduto. E si è ritrovato con una manciata di mosche in mano, invece delle migliaia di voti promessi.
Campania: Sangiuliano spicca, Boccia precipita
In Campania, Gennaro Sangiuliano, nome noto come giornalista, ma ancora di più come ex ministro della Cultura, soprattutto dopo lo scandalo che lo ha travolto e lo ha portato alle dimissioni, riesce nel miracolo elettorale: nella lista di Fratelli d’Italia conquista un seggio con 9.902 preferenze. Non male per chi era dato per “trombatissimo”. Ma chi è rimasta a mani vuote è Maria Rosaria Boccia, coinvolta in vicende estive con lo stesso Sangiuliano. La sua candidatura nella lista del sindaco Bandecchi si è fermata a 89 voti. In pratica, non è andata oltre ai voti di parenti e amici stretti, malgrado le speranze (molto alte) iniziali.
Intanto, Daniela Di Maggio, madre del compianto Giovanbattista Cutolo e figura simbolica di lotta contro la violenza, sperava nella Lega a Napoli. Raccoglie 964 voti, ma non basta. E persino Pasquale Di Fenza, ormai ex consigliere regionale e star dei video social e delle provocazioni patriottiche, con la tiktoker Rita De Crescenzo al suo fianco, conquista solo 1.208 voti: diciannovesimo su 27 candidati. La spinta della De Crescenzo, che invitava i suoi follower a votarlo, non ha funzionato. E Di Fenza è stato costretto a sgomberare il suo ufficio. Da applausi è invece Pellegrino Mastella, figlio di Clemente, che strappa un plebiscito nel Sannio: quorum alto, voti in abbondanza, mentre la sua lista «Noi di Centro Noi Sud» volava sul 17,68%.
Puglia: Vendola fuori e il sogno verde-sinistro svanisce
In Puglia il trombato d’eccellenza è Nichi Vendola. L’ex governatore, la voce storica della sinistra pugliese, l’uomo che avrebbe dovuto fare il colpaccio. E invece rimane fuori dal consiglio regionale. Con 9.698 preferenze totali, non è stata sufficiente la spinta di Alleanza Verdi e Sinistra: quel 4 % scarso non basta, perché la legge elettorale calcola sulla base dei voti del presidente, non della coalizione. Amara beffa per chi aveva puntato tutto sul suo ritorno.
Nel frattempo, la maggioranza guidata da Antonio Decaro incassa 29 seggi. Il Pd ne prende 14, mentre la lista del sindaco-president decolla con sette. Il centrodestra, invece, ridisegna le sue carte: Fratelli d’Italia conquista 11 seggi, Forza Italia 5, la Lega 4. Ma il vero scoop qui è Vendola-fuori dai giochi: la fotografia più chiara delle ambizioni tradite.
Veneto: esclusi illustri e delusioni da alta quota
E veniamo al Veneto, dove la politica ha il sapore dell’“eroica sconfitta”. Tra i grandi esclusi spiccano Alberto Villanova (capogruppo della Lega), Vanessa Camani (ex capogruppo Pd) e persino il presidente uscente del consiglio regionale Roberto Ciambetti, ancora una volta tagliati fuori. Non ce la fanno neppure i meloniani Joe Formaggio e Sergio Berlato, né i “veterani” azzurri Toni Da Re e Fabrizio Boron. Insomma, una classe dirigente che si sveglia la mattina pensando di aver già vinto e invece resta al palo. Tra i delusi più rumorosi c’è Marco Rizzo, che si ferma all’1,09 %: non l’ha votato quasi nessuno. Su Facebook esplode: “Questo sistema di voto non funziona più”. In effetti, non sembra proprio aver funzionato per lui.