Il Centro Olimpico di Roma è anche delle ‘piccole’ associazioni: Tribunale impone regole d’uso trasparenti entro 30 giorni

Il Centro Olimpico di Roma è anche delle ‘piccole’ associazioni: Tribunale impone regole trasparenti entro 30 giorni. Nel cuore verde di Roma Nord, incastonato tra Villa Ada e il Parco di Tor di Quinto, lo Stadio “Paolo Rosi” di via dei Campi Sportivi 7 rappresenta da anni il tempio dell’atletica capitolina, laziale e nazionale. Un impianto storico, parte integrante del complesso Olimpico romano, oggi al centro di una sentenza che riscrive i rapporti tra istituzioni sportive e associazionismo di base.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha messo fine a un lungo periodo di silenzio amministrativo che aveva lasciato nel limbo alcune ‘piccole‘ (nel senso lato del termine) associazioni sportive escluse, di fatto, dalla possibilità di accedere all’impianto.

La colpa? La mancata adozione, da parte della FIDAL (Federazione Italiana di Atletica Leggera), di una procedura chiara, trasparente e oggettiva per l’assegnazione degli spazi. Il ricorso era stato promosso nei mesi scorsi dalla Soc. Sport Race SSD arl, che ha ottenuto ragione dal Tribunale.
L’inerzia della FIDAL, Tribunale impone regolòa trasparenti d’uuso per il Centro Olimpico di Roma
Tutto è iniziato con una nota ufficiale inviata da Roma Capitale il 18 aprile 2024, che sollecitava la FIDAL a dare piena attuazione alla Convenzione del 30 marzo 2016 (Deliberazione n. 36), firmata tra l’amministrazione comunale e la Federazione. In quella convenzione, si stabilivano criteri chiari per la gestione del lo stadio olimpico “Paolo Rosi” e l’accesso delle associazioni. Tuttavia, a distanza di anni, nulla era stato fatto.
Il 26 luglio 2024, la FIDAL aveva dichiarato di voler rinviare ogni decisione a dopo le elezioni del 13 ottobre 2024, lasciando il tema in sospeso. Ma anche dopo il rinnovo degli organi, il silenzio è rimasto. La società Sport Race SSD arl, stanca dell’attesa, ha quindi presentato ricorso il 5 febbraio 2025, denunciando l’omissione e chiedendo che si ristabilissero regole valide per tutti.
La sentenza: regole certe entro 30 giorni
Con una pronuncia netta, il Tar ha accolto il ricorso e ordinato alla FIDAL di rispondere formalmente alla nota di Roma Capitale. Non solo: entro 30 giorni dalla notifica della sentenza la Federazione dovrà adottare criteri oggettivi e trasparenti per stabilire le modalità di accesso allo stadio da parte delle associazioni sportive. In caso contrario, sarà il Presidente della FIDAL o un suo delegato a dover agire come Commissario ad acta, con ulteriori 30 giorni a disposizione per dare attuazione forzata alla decisione.
Una misura drastica, ma necessaria per superare anni di gestione opaca e discrezionale, che ha privilegiato alcune realtà a discapito di altre, senza alcuna selezione pubblica o criterio verificabile.
Del resto, parliamo non di una ‘semplice‘ struttura sportiva – con tutto il rispetto per altri impianti similari – ma del Centro sportivo-tempio della velocità di Roma, del Lazio e d’Italia. Sulla cui pista di atletica leggera si allenano (o si sono allenati) giovani atleti, ma anche vere e proprie star–leggende internazionali del calibro di Marcell Jacobs e Filippo Turtu, i due recordman azzurri. Ma anche la pluripremiata staffetta dei 100 metri azzurra oro olimpico alle Olimpiadi.
Un impianto pubblico, un diritto collettivo
La sentenza ristabilisce un principio fondamentale: le strutture sportive pubbliche non possono essere ‘feudi ‘chiusi. L’accesso deve essere regolato da procedure imparziali, comprensibili e aperte a tutte le realtà che operano nel rispetto delle norme. A sottolinearlo è anche la condanna alle spese inflitta alla FIDAL, pari a 1.500 euro.