Il grido dei giovani: vogliamo dignità e non l’elemosina (video)

appello dei giovani

Un appello dei giovani, un appello di una generazione. Trasversale, senza bandierine politiche. E’ comparso un video, su molte pagine facebook, di una ragazza, giovanissima anch’essa, che rivolge un appello ai suoi coetanei e al regime. Con ironia ma anche con molta precisione. Si rivolge ai giovani, liceali, maturandi, maturati, universitari. Dice che “siamo una generazione che più volte è scesa in piazza a protestare, per i più svariati motivi”. Dall’ambiente, ai diritti umani, a ogni animale, insomma per un futuro migliore. Ma adesso, dice la ragazza, vi sono dei problemi concreti per i quali varrebbe davvero la pena di scendere in piazza a protestare.

I giovani: no a pressione fiscale esagerata

Punto primo, la pressione fiscale. E raccomanda di non farsi intimnidire dal parolone, passando a spiegare perché  è importante. Dati alla mano, la ragazza spiega che per ogni dipendente, quello che il fisco porta via è tantissimo. Il 48 per cento per i dipendenti, ossia i giovani a cui si rivolge, e il 65 per cento per chi il lavoro lo dà. “E non pensate che non vi riguardi – dice la giovane – perché, credetemi, vi riguarda”. E fa un esempio: se vi trovate nel Lazio e per miracolo trovate un lavoro, vi vengono corrisposti 1.200 euro di stipendio. Bello? No, perché con le trattenute ne vengono 999. Se poi fate uno scatto di carriera dopo qualche anno, guadagnate magari 2.500 euro. Ma prenderete 1.680 euro con una tassazione parecchio aumentata.

“Non vogliamo l’elemosina dello Stato”

Poi la ragazza parla del lavoro. Dai 18 ai 24 anni la disoccupazione è circa del 30 per cento. Fatti salvi i dipendenti pubblici e chi entra in una multinazionale. dice la ragazza, la migliore opportunità che vi possa capitare è uno stage non retribuito. Non denaro insomma, ironizza, ma preziosissima esperienza. Punto terzo, la meritocrazia. In Italia, secondo la ragazza non esiste, perché per molte professioni intellettuali è richiesto un tirocinio. Che ancora una volta non è retribuito.  Quindi, se non ci sono mamma e papà a mantenerti ancora, non ti puoi abilitare. Insomma, conclude, se a 25, 26, 27, 28 anni siamo ancora a casa, non è perché siamno dei bamboccioni, ma perché non ci pagate. Lo stesso motivo spiega perché i figli si fanno tardi.

L’appello è questo: “I politici sappiano che non vogliamo il reddito di cittadinanza, il reddito statale. Vogliamo essere messi in condizione di formarci e lavorare dignitosamente. Non vogliamo andarcene, emigrare per poter trovare un’occasione, Ma i politici ci diano i mezzi per restare e contribuire alla crescita del nostro Paese