Il virus aumenta la sua aggressività: la positività schizza al 7,7

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Il virus aumenta la sua positività. Sono 13.114 i nuovi casi di Covid riscontrati oggi in Italia dopo aver analizzato 170.633 tamponi, con l’indice positività che risale al 7,7%. Nelle ultime 24 ore si registrano altri 246 morti, che portano il totale delle vittime a 97.945 da inizio emergenza. Aumentano anche i ricoveri in terapia intensiva, dove ci sono ora 2.289 persone, 58 in più rispetto a ieri. I guariti sono in totale 2.416.093 (+10.894), gli attualmente positivi 424.333 (+1.966). Questi i dati odierni elaborati dal ministero della Salute, consultabili anche sul sito della Protezione civile.

Il virus colpisce anche nel Lazio: 28 morti

Oggi nel Lazio, “su oltre 9mila tamponi (-6.069) e oltre 6mila antigenici per un totale di oltre 15mila test, si registrano 1.044 casi positivi (-297), 28 decessi (+16) e +1.094 guariti. Diminuiscono i casi, mentre aumentano i decessi, i ricoveri e le terapie intensive. Il rapporto tra positivi e tamponi è a 11%, ma se consideriamo anche gli antigenici la percentuale è sotto al 6%. I casi a Roma città sono a quota 500. Aumentano i ricoveri, un segnale di forte attenzione”. Lo sottolinea l’assessore alla Sanità e Integrazione sociosanitaria della Regione Lazio, Alessio D’Amato nel bollettino al termine dell’odierna videoconferenza della task-force regionale per Covid-19 con i direttori generali di Asl e aziende ospedaliere, policlinici universitari e ospedale pediatrico Bambino Gesù.

L’Italia fanalino di coda per la sanità

Esiste una correlazione negativa tra il numero di posti letto ospedalieri per 1.000 abitanti e l’aumento della mortalità nei primi 8 mesi del 2020. Da un’indagine condotta dal sindacato dei medici Anaao Assomed è emerso infatti che, statisticamente, a ogni posto letto in meno per 1.000 abitanti è associato un +2% di aumento della mortalità generale. Questo significa che Paesi come la Germania o la Bulgaria, dove i posti letto per 1.000 abitanti sono tra i 7 e gli 8, hanno avuto un aumento della mortalità quasi nullo. Mentre il Portogallo o i Paesi Bassi, con circa 3 posti letto per 1.000 abitanti, hanno avuto aumenti vicini al +10%. Tra i Paesi nei quali l’aumento è stato maggiore spiccano l’Italia con circa un +17%, la Spagna con +18%, e il Regno Unito con +22%.

Meno posti letto favoriscono il virus

La popolazione di Italia e Spagna – ricorda una nota Anaao – ha un’età mediana più alta (rispettivamente 47,9 e 45,5 anni) di quella del resto della popolazione europea (42,7 anni), ma non il Regno Unito (40.8 anni). Il fattore più rilevante per l’aumento della mortalità generale che accomuna questi tre Paesi è la scarsità di posti letto negli ospedali, emerge dall’indagine curata da Carlo Palermo, segretario nazionale Anaao Assomed, e Chiara Rivetti, segretaria Anaao Piemonte, su dati elaborati da Giuliano Antoniciello, ricercatore dell’Università di Padova. Se da un lato a questi risultati particolarmente negativi ha contribuito l’età più elevata della popolazione – osserva l’Anaao – non si può negare che la disponibilità di posti letto (compresi quelli nei reparti di terapia intensiva), abbia giocato un ruolo significativo nel determinare l’aumento della mortalità.

I posti negli ospedali diminuiti dal 2010 al 2018

In Italia – denuncia il sindacato – i posti letto per acuti per 1.000 abitanti sono diminuiti dai 4,71 del 2010 ai 3,14 del 2018. Una riduzione del 33% in 8 anni. Sul fronte della spesa sanitaria, secondo il rapporto ‘Health at a Glance Europe’ 2020 dell’Ocse, l’Italia ha una spesa sanitaria (pubblica e privata) pro capite che, a parità di potere d’acquisto, si attesta nel 2019 a 2.473 euro (a fronte di una media Ocse di 2.572 euro), con un differenze vertiginose rispetto a Francia e Germania che, rispettivamente, segnano valori di spesa sanitaria pro capite di 3.644 euro e 4.504 euro.

Il virus ha colpito grazie alla nostra politica sanitaria sbagliata

La pandemia del 2020 – conclude Anaao – ha mostrato con dolorosa chiarezza il prezzo del sotto-finanziamento della sanità pubblica nel decennio 2010/2019. Una scelta politica motivata con la necessità del risparmio e con la ricerca di una presunta maggiore efficienza del sistema sanitario, è stato pagato con la morte di decine di migliaia di persone.