In memoria di Antonio Pennacchi: 10 frasi memorabili dello scrittore “fasciocomunista”

Lutto nel mondo della cultura per la morte di Antonio Pennacchi, avvenuta ieri nella sua casa di Latina. Lo scrittore aveva 71 anni e aveva vinto il premio Strega con Canale Mussolini. Tra le sue opere, c’è anche “Il fasciocomunista”, dedicato alla sua esperienza politica, iniziata nel Msi e poi passata al Partito comunista. Un romanzo trasposto sul grande schermo in “Mio fratello è figlio unico” con Elio Germano e Riccardo Scamarcio.
Ecco dieci frasi indimenticabili di Antonio Pennacchi, estrapolate da interviste o da suoi romanzi.

“Per Mio fratello è figlio unico” dal regista neanche una telefonata
1) «Nel libro “Il fasciocomunista” presentavo i fascisti anche come persone, non solo come agitatori politici. Cosa che ai realizzatori del film non interessava. Hanno preferito gli stereotipi, e del resto concentrare la trama di un libro in meno di due ore è complicato. Comunque è stata la Mondadori a vendere i diritti, e regista e sceneggiatori non mi hanno fatto neanche una telefonata».
(Intervista Antonello Piroso per La Verità – 31 ottobre 2017)
“La sinistra fighetta mi ha sempre rimbalzato”
2) «Ho mandato il mio primo romanzo a 33 editori, ricevendo 55 rifiuti. Ad alcuni l’ ho spedito più di una volta cambiando il titolo o il mio nome come autore. Poi fu pubblicato nel 1994 da Donzelli. La Feltrinelli mi ha sempre rimbalzato, non mi ha mai risposto, neanche al telefono. Quel mondo lì non mi si è inc… di pezza, come si dice a Roma. Né loro, né quelli della sinistra fighetta di Rai 3, Serena Dandini, Fabio Fazio, Corrado Augias. Non m’ hanno mai inculato».
(Intervista Antonello Piroso per La Verità – 31 ottobre 2017)
3) «Io faccio il narratore e me la cavo meglio a raccontare il passato, il mio, che a raccontare il futuro. Alla fine cosa vuole che le dica, il personale è politico. Se la politica non educa e si limita a seguire il Paese la gente cosa può fare? Reagisce di pancia, segue la pancia… E la pancia è di destra. Ma la soluzione non può essere il vietare. Coi divieti non si va lontano»
(Intervista al Giornale 6 dicembre 2016)
4) «Umberto Eco ha preso ’na cosa antica, la retorica, gli ha cambiato nome, l’ha chiamata semiotica, e ci ha fatto i sòrdi: tanto de cappello!»
(25 settembre 2010 – Intervista a La7)
5) «Quando vado a un convegno, non riesco a star zitto. A un certo punto devo per forza alzarmi e dire il contrario di quello che è stato detto fino a quel momento. Dico sempre quello che mi pare. Sono disposto a vendere il culo ma non la lingua».
(Intervista 29 marzo 2002 a Claudio Sabelli Fioretti su Sette)
6) «O l’Occidente trova una soluzione o la gente poi si incazza. Sono stato a Tirana e ho visto tutte facce che dicevano: “Adesso me dò da fà e svolto”. ‘Ste facce nun ce so’ più da noi”.».
(Intervista di Alessandra Longo, Repubblica, 26 novembre 2016)
7) «Il dramma della condizione umana è proprio questo: sei quasi perennemente condannato a vivere nel torto, pensando peraltro d’avere pure ragione».
(Canale Mussolini)
Antonio Pennacchi e la militanza nel Msi
8) «Che ce ne fregava che erano di più? Non era coraggio il nostro, era tigna. Ci fregava assai, a noi, di prendere le botte, ma la figura di scappare no. La figura di abbandonare la sede? Con le botte ci convivi, dopo un po’ ti passano, guarisci. Ma la vergogna no. La vergogna ti rimane per tutta la vita».
(Il fasciocomunista)
9) «Io ci ho messo una vita a capire che la gente non dice mai quello che pensa. Dicono una cosa e ne pensano un’altra, poi la colpa è la mia che il prendo sul serio».
(Il fasciocomunista)
10) «Non è un piacere scrivere, ma dolore. Il piacere viene dopo aver assolto il mio dovere. Anzi, a metà, perché come diceva mia madre quando facevo le cose fatte per bene: “Bravo, ma hai fatto metà del tuo dovere”».
(Intervista di Antonio Pennacchi a Gianmarco Raimi, Rolling Stone, 8 giugno 2021)