In mostra da domani a Palazzo Barberini la terribile “Giuditta e Oloferne” di Caravaggio

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Le Gallerie Nazionali di Arte Antica presentano dal 26 novembre al 27 marzo prossimi la mostra “Caravaggio e Artemisia: la sfida di Giuditta. Violenza e seduzione nella pittura tra Cinquecento e Seicento”. A cura di Maria Cristina Terzaghi. L’esposizione, ospitata nello spazio mostre di Palazzo Barberini, accende i riflettori sulla celeberrima tela di Caravaggio a settant’anni dalla sua riscoperta e a cinquanta dall’acquisizione da parte dello Stato Italiano. Per Flaminia Gennari Santori, direttrice delle Gallerie Nazionali, “questa mostra corrisponde perfettamente alla mia visione di un museo in continua narrazione polifonica, confronto e scambio fra collezione e mostre temporanee. Un racconto in costante evoluzione con l’obiettivo di offrire chiavi di lettura sempre diverse ai nostri visitatori”.

La storia della Giuditta di Caravaggio

Tra le più famose e acclamate opere del Merisi, grazie alla potenza della rappresentazione e alla forza emanata dai tre protagonisti, la Giuditta venne riscoperta nel 1951 da Pico Cellini. Uno dei massimi restauratori del Novecento. Dopo aver visitato la prima grande mostra dedicata a Caravaggio e ai pittori caravaggeschi, allestita a Palazzo Reale a Milano da Roberto Longhi, il restauratore ricordò che da ragazzo aveva visto in un palazzo romano una tela raffigurante Giuditta e Oloferne. Era attribuita a Orazio Gentileschi, ricollegandola ora allo stile di Caravaggio. Cellini riuscì a ritrovare il dipinto presso il proprietario Vincenzo Coppi, a fotografarlo e a mostrarlo a Longhi, che all’istante chiese e ottenne la proroga della mostra per poterlo includere.

La tela risale al 1599

La tela, eseguita nel 1599 da Caravaggio per il banchiere ligure Ottavio Costa, scomparso nel 1639, non fu mai alienata, rimanendo a Roma fino a metà Ottocento. Quando passò di proprietà agli avi del Coppi, per poi entrare far parte, nel 1971, del patrimonio delle Gallerie Nazionali di Arte Antica. Gelosissimo dell’opera, il Costa ne proibì non solo l’alienazione, ma anche la riproduzione. Perciò non ne esistono copie seicentesche fedeli, una cosa rara nel catalogo di Caravaggio. Nonostante le cautele del proprietario, la rivoluzionaria composizione ideata dal Merisi riuscì comunque a circolare.

In mostra ben 31 opere

In mostra 31 opere – quasi tutte di grande formato – provenienti da importanti istituzioni nazionali e internazionali. Il percorso espositivo si snoda in quattro sezioni e si apre con Giuditta al bivio tra Maniera e Natura, una selezione di opere cinquecentesche che mostrano le prime avvisaglie di una nuova rappresentazione del tema. Caratterizzata dalla violenza del momento scelto a rappresentare la storia dell’eroina biblica, come nei dipinti di Pierfrancesco Foschi, Lavinia Fontana, di Tintoretto e di un seguace di Bartholomeus Spranger. La tela Giuditta che decapita Oloferne del Merisi, fulcro della seconda sezione dedicata a Caravaggio e i suoi primi interpreti, inscena un vero e proprio omicidio mediante decapitazione.

L’interpretazione di Artemisia Gentileschi

Costituendo un momento di rottura con la tradizione e trovando un corrispettivo solo nella coeva produzione di rappresentazioni sacre e drammi teatrali. La veemenza del delitto, che stride con l’assorta e sensuale bellezza di Giuditta, sarà motivo di ispirazione e reinterpretazione dell’episodio biblico. Ci volle però una donna per calarsi completamente nei panni dell’eroina biblica. La massima interprete del soggetto è stata, senza dubbio, Artemisia Gentileschi, cui è intitolata la terza sezione “Artemisia Gentileschi e il teatro di Giuditta”. Artemisia, insieme al padre Orazio, si cimentò più volte con il tema. Comprendendone le potenzialità in relazione alla rappresentazione della figura femminile come donna forte, ed exemplum virtutis. Questo tema, grazie al suo lavoro, diventerà un genere richiestissimo nelle corti europee.

Le due Giuditta dei grandi artisti

La quarta e ultima sezione, Le virtù di Giuditta. Giuditta e Davide, Giuditta e Salomé è dedicata al confronto tra il tema di Giuditta e Oloferne e quello di Davide e Golia. Accomunati dalla lettura allegorica della vittoria della virtù, dell’astuzia e della giovinezza sulla forza bruta del tiranno che finisce decapitato. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Officina Libraria, con un testo della curatrice. Che approfondisce la storia della Giuditta caravaggesca e quella di Artemisia Gentileschi registrando le ricadute dei due capolavori nella pittura contemporanea.