Inceneritore di Roma, Regione Lazio avvia la procedura di ‘Area a rischio ambientale’ tra Albano, Pomezia e Ardea: cosa significa

Sullo sfondo, l'area su cui dovrebbe nascere l'inceneritore di Roma, accanto alla discarica di Albano e vicino a Pomezia e Ardea, in primo piano il sindaco di Roma Gualtieri e il deputato PD Claudio Mancini

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La Regione Lazio ha avviato lunedì 6 ottobre la procedura per dichiarare “area ad elevato rischio ambientale” il territorio compreso tra Albano Laziale, Pomezia e Ardea, proprio al confine del terreno di Roma-Santa Palomba acquistato da Ama alla cifra monstre di 7,7 milioni di euro su cui Acea e il sindaco capitolino Gualtieri intendono costruire il maxi inceneritore da 600mila tonnellate annue di immondizia indifferenziata. Parliamo di uno dei quadranti più delicati dell’intera area metropolitana romana. ’iniziativa – richiesta dal Comune di Albano – parte dalla storica discarica di Albano-Roncigliano, distante appena 500 metri in linea d’aria, oggi simbolo di un’emergenza ambientale mai risolta. In pratica, la Regione sta accendendo un riflettore tecnico – e politico – proprio sul terreno destinato al progetto più discusso della giunta Gualtieri.

I protagonisti dell’incontro in Regione Lazio

L’avvio della procedura sarebbe un fatto esclusivamente tecnico, questo è quanto hanno spiegato lo scorso 9 ottobre dall’assessorato ai rifiuti regionale del Lazio. Al momento, restano esclusi gli organismi politici locali, compreso il Comune di Albano, nonostante la richiesta formale sia partita proprio da lì. Una scelta che ha sollevato più di un interrogativo: perché lasciare fuori chi ha acceso per primo il faro sulla questione? Perchè non includere, nella partita, anche comitati e associazioni? Per la Regione tali valutazioni sarebbero esclusivamente tecniche e debbono essere elaborate esclusivamente dagli uffici competenti.

Albano, quella discarica è una ferita ancora aperta

La discarica di Albano Roncigliano è il cuore del problema. Situata a pochi metri dal confine con Roma-Santa Palomba, al suo interno giacciono ancora 75 container contenenti i resti del vecchio inceneritore che il gruppo Cerroni avrebbe dovuto costruire nel 2010, in società proprio con Acea e Ama. Quei relitti industriali, abbandonati da oltre quindici anni, rappresentano la memoria materiale di un fallimento ambientale. Ora il rischio è che, a distanza di una generazione, la storia si ripeta. La classificazione dell’area come “ad elevato rischio ambientale” comporterebbe vincoli stringenti, monitoraggi permanenti su aria, acqua e suolo, e soprattutto la necessità di nuove valutazioni sanitarie prima di qualsiasi intervento industriale, ossia prima dell’avvio del nuovo Inceneritore Acea. Ovviamente, oltre all’accettazione della richiesta dell’istituzione dell’area ad alto rischio, è centrale anche l’eventuale perimetro di tutela, che può variare da soli 900 o 1000 metri di raggio fino a diversi km.

Il peso politico: Gualtieri, Acea e il muro dei Castelli Romani e Pomezia. Ardea silenziosa

Dietro la procedura regionale si nasconde, però, una partita tutta politica. Da un lato il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, commissario straordinario per i rifiuti nominato dal governo Draghi, deciso a portare avanti il termovalorizzatore come “opera strategica” per la Capitale. Dall’altro, i Comuni dei Castelli Romani – in primis Albano e Pomezia, Ardea al momento appare più defilata, in questa lotta – che considerano l’impianto una minaccia diretta alla salute e all’ambiente. Ed è proprio qui che entra in scena un nome chiave: Claudio Mancini, deputato del Partito Democratico e considerato il vero “braccio destro” di Gualtieri.

Mancini, il “guardiano” politico del forno

Negli ultimi mesi, Mancini si è distinto per la sua difesa a oltranza del progetto di Roma-Santa Palomba e, soprattutto, del sindaco Gualtieri, finito nel mirino del PD dei Castelli Romani. Quando i circoli di Albano e Pomezia hanno paragonato Gualtieri a Mussolini e al Marchese del Grillo, accusandolo di decisioni “calate dall’alto”, Mancini è intervenuto pubblicamente, prendendo le distanze dai suoi stessi compagni di partito.
Dal palco di Botteghe Oscure, nel corso di un evento politico per rilanciare l’ipotesi di un “Gualtieri bis” nel 2027, il deputato ha bollato come “inaccettabili” le proteste interne, cercando la sponda anche del Movimento 5 Stelle in vista delle future alleanze. Un gesto che ha spaccato il PD regionale, già provato da mesi di tensioni tra la linea “governista” romana e quella ambientalista dei Castelli.

Le ricadute future

Tornando al tema centrale di questo articolo, la decisione della Regione Lazio potrebbe rimettere tutto in discussione. Senza la conclusione positiva del procedimento autorizzativo unico regionale (PUAR), nessuna ruspa potrà muoversi a Roma-Santa Palomba. E a giudicare dai tempi tecnici – tra valutazioni sanitarie, indagini ambientali e opposizioni locali – il cantiere sembra tutt’altro che imminente.

Il dossier nelle mani di Rocca

Ora la palla passa alla Regione Lazio, guidata dalla Giunta Rocca, chiamata a gestire un dossier esplosivo che unisce salute pubblica, scontro politico e interessi economici miliardari. Il governatore di centrodestra si trova paradossalmente nella posizione di arbitro tra i due fronti del Partito Democratico: da un lato Mancini e Gualtieri, sostenitori del termovalorizzatore; dall’altro i “ribelli” dei Castelli e Pomezia, decisi a fermarlo con ogni mezzo legale e politico.

Un equilibrio instabile

Se la Regione dovesse effettivamente riconoscere l’area di Albano–Santa Palomba come “a elevato rischio ambientale”, il futuro dell’inceneritore di Roma diventerebbe più incerto che mai. Specie se l’area a rischio dovesse essere – come si presume – ampia più di un km, finendo per ‘abbracciare’ anche il terreno di Roma-Santa Palomba.

Ma al di là delle carte e delle sigle, resta una certezza: tra container abbandonati, discariche, scontri di partito e un progetto da miliardi, il confine tra Roma, i Castelli Romani , Pomezia e Ardea si conferma il vero epicentro della nuova guerra dei rifiuti.