“Indomite”: il Trevignano DOCStories Festival celebra le donne che non si piegano

Trevignano DOCStories Festival

Non eroi, ma donne reali, ostinate e coraggiose. Donne che scelgono di non abbassare la testa e di cambiare il corso della propria vita. È a loro che il Trevignano DOCStories Festival dedica la sua terza edizione, in programma dal 7 al 9 novembre 2025al Cinema Palma di Trevignano Romano, affacciato sul lago di Bracciano. Tema di quest’anno: “Indomite. Storie di donne controcorrente”. Dieci documentari internazionali e due cortometraggi porteranno sullo schermo vite che sfidano il patriarcato, i pregiudizi e gli abusi. Vite che trasformano il dolore in resistenza e la resistenza in libertà.
Storie che non chiedono compassione, ma ascolto.

Non superpoteri, ma forza

Le protagoniste si chiamano Claire, Hanifa, Khatera, Dilovan, Nan, Benedetta, Mariè Josè, Amani, Jackie ed Eureka. Non hanno superpoteri, ma una forza che travolge. C’è Claire, nel film “Io, assistente sessuale” di Stefano Ferrari, che apre una finestra intima sul tema della disabilità e della sessualità, rompendo i tabù del corpo e del desiderio. C’è Hanifa, in “Angels of Sinjar” di Hanna Polak, che dopo il genocidio degli Yazidi promette al padre morente di riportare a casa le sorelle rapite dall’Isis. C’è Khatera, in “A Thousand Girls Like Me” di Sahra Mani, la prima donna afghana ad aver trascinato in tribunale il proprio padre, accusandolo degli abusi subiti.

E poi la Kobane ferita raccontata da Reber Dosky in “Radio Kobani”, dove un gruppo di donne usa la radio per ricostruire la speranza tra le macerie dell’Isis. La fotografa Nan Goldin, protagonista di “All the Beauty and the Bloodshed” di Laura Poitras, sfida la potentissima famiglia Sackler, responsabile della crisi degli oppiacei, trasformando la propria arte in atto politico. C’è anche Benedetta Barzini, ritratta dal figlio Beniamino Barrese ne “La scomparsa di mia madre”, simbolo di una femminilità che rifiuta di essere raccontata da sguardi maschili.

E ancora Mariè Josè, l’etnologa novantenne protagonista de “La combattante” di Camille Ponsin, che ogni giorno aiuta i richiedenti asilo a scrivere le proprie storie di fuga e dignità. Nel documentario “The Cave” di Feras Fayyad, la dottoressa Amani Ballour dirige un ospedale sotterraneo in Siria, ultimo rifugio di vite minacciate da bombe e gas chimici. In “Ghost Fleet” di Shannon Service e Jeffrey Waldron, una donna thailandese combatte invece la schiavitù in mare, liberando pescatori costretti a lavorare per anni senza identità.

“Non vittime, ma protagoniste”

«Non vogliamo raccontare donne sconfitte – spiegano gli organizzatori – ma donne che reagiscono, cambiano, agiscono. Figure che non subiscono la realtà, ma la piegano con la forza delle loro scelte». Il Comitato organizzatore, composto da Lorenzo Hendel, Juliane Biasi Hendel, Paolo Bravi, Pippo Cappellano, Marina Cappabianca, Marco Leopardi, Lao Buono, Milagros Merino, Francesco Palma e l’illustratore Daniele Blundo, ribadisce che la selezione dei film non vuole solo mostrare violenze o soprusi, ma anche i piccoli gesti di rivoluzione quotidiana. Un punto di vista globale, che guarda alle donne non come vittime ma come motori di cambiamento culturale.

Masterclass con Kim Longinotto

Torna anche quest’anno la Masterclass del Trevignano DOCStories Festival, appuntamento molto atteso dai cinefili e dai giovani registi. Ospite d’onore sarà Kim Longinotto, documentarista britannica di fama mondiale, nota per le sue storie su donne che sfidano la violenza e i soprusi. Durante la masterclass verrà proiettato il suo film “Rough Aunties”, che racconta un gruppo di donne sudafricane impegnate nella lotta contro gli abusi sui minori. Un incontro “due volte femminile”, pensato per chi vuole capire, sentire e raccontare la realtà con uno sguardo libero da stereotipi.

Durante i tre giorni del Festival sono previste anche presentazioni di libri, performance musicali e iniziative artistiche che renderanno Trevignano un laboratorio di narrazione viva, partecipata, inclusiva.