Interrogato a Rebibbia l’afghano che ha ucciso a coltellate il coinquilino

carcere di rebibbia secondino (2)

La gip Maria Gaspari ha convalidato l’arresto di Zahidullah Safi, il giovane afghano accusato dell’accoltellamento di un suo connazionale, in un appartamento al Casilino.

Resta in carcere il trentottenne afghano arrestato con l’accusa di aver ucciso a coltellate, il 26 aprile scorso, il coinquilino, suo connazionale, in un appartamento nel quartiere Casilino a Roma. Il gip Maria Gaspari, accogliendo la richiesta della procura, nelle scorse ore ha convalidato il fermo per omicidio aggravato dai futili motivi.

Secondo quando ricostruito dalle indagini della Polizia, anche attraverso la testimonianza di un terzo connazionale presente in casa al momento del delitto, tutto sarebbe nato da una discussione legata a un cambio di residenza. La vittima aveva chiesto al suo coinquilino, diventato poi il suo aggressore, di spostare altrove la sua residenza, a Viterbo o Rieti, perché a suo dire, avrebbe potuto ottenere con maggiore facilità il permesso di soggiorno che, invece, non era ancora riuscito ad ottenere a Roma, sebbene lo avesse richiesto da tempo. Da lì la lite sarebbe degenerata: il trentottenne ha prelevato un coltello in cucina e, nonostante il tentativo di intervento da parte del terzo connazionale, ha colpito la vittima al torace, morta poco dopo.

Nell’interrogatorio di convalida davanti al gip e alla presenza del suo difensore, l’avvocato Maria Nellina Spataro, il trentottenne ha fornito una ricostruzione diversa dei fatti, anche rispetto a quella riferita al pm, raccontando di essere stato aggredito e l’accoltellamento sarebbe avvenuto nel tentativo di disarmare l’uomo. Ricostruzione, che secondo quanto riportato nell’ordinanza del gip di convalida del fermo e di applicazione della custodia cautelare in carcere, ”è da considerarsi palesemente inattendibile, in quanto, già di per sé contraddittoria in ordine alla modalità con cui è avvenuto il ferimento e alle modalità della discussione” e ”confligge irrimediabilmente con la lucida testimonianza fornita” dal terzo coinquilino.

Nella condotta dell’indagato, per il gip, ”sono sicuramente ravvisabili gli elementi costituitivi del delitto di omicidio, aggravato, allo stato, dai futili motivi” e emerge ”un concreto pericolo di reiterazione del reato, in ragione della gravità del fatto e della personalità dell’indagato, evidentemente incapace di contenere le sue pulsioni violente e che, sebbene incensurato, nel corso dell’interrogatorio non ha mostrato consapevolezza delle gravissime conseguenze della sua condotta” né alcun pentimento. E come evidenziato dal pm l’uomo ”dopo aver inferto la prima coltellata al torace, rivelatasi comunque fatale” ha cercato di colpire nuovamente la vittima, l’afghano Khan Gulab, ”proposito non portato a compimento solo perché l’arma si spezzava”, un fatto che ”rivela la chiara e lucida intenzione di uccidere il proprio connazionale”, conclude il giudice.