Invia teste di capretto per non pagare i creditori: arrestato manager calabrese

Come nei più classici film di mafia, un pensionato e suo figlio, proprietari di alcuni terreni della Capitale, avevano ricevuto due pacchi, contenenti teste di capretto mozzate, scuoiate, insanguinate e avvolte nel cellophane. L’uomo che le ha spedite, P.C., 51 anni, titolare di una Società Immobilare, è finito oggi in carcere.
Il messaggio legato a questi pacchi, inviato con modalità tipicamente mafiose, oltre ad intimorire i destinatari, ha richiamato immediatamente alle loro menti le problematiche legate ad una controversia civile pendente con una famiglia calabrese di costruttori, titolari di una Società Immobiliare.

Doveva risarcire una famiglia: li ha minacciati di morte
La società, infatti, aveva costruito alcuni villini a Roma su un terreno di proprietà dei due soggetti, non ottemperando poi agli obblighi contrattuali, come giudizialmente accertato dal Tribunale Civile di Roma che aveva disposto, a favore di padre e figlio, la titolarità di tre villini e un risarcimento pari a 480.000 euro.
Dall’indagine della squadra mobile di Roma, è emerso che nel novembre 2018, il titolare della Immobiliare si era recato presso lo studio legale che seguiva tale procedura, proponendo – per chiudere la controversia – 150.000 euro, somma nettamente inferiore rispetto a quella stabilita dal Tribunale.
Le teste di capretto un messaggio mafioso
Peraltro, l’analisi dei tabulati telefonici aveva restituito una serie di contatti tra l’uomo e una delle parti offese, avvenuti subito dopo l’emissione della sentenza del Tribunale di Roma e verosimilmente finalizzati a chiudere la controversia a condizioni più sfavorevoli di quelle lì statuite.
Dopo la ricezione dei pacchi contenenti le teste di capretto, in preda ad una forte agitazione legata al timore per quanto accaduto, il figlio comunica al proprio avvocato di voler accettare la proposta transattiva, anche se sfavorevole. La Polizia ha interccettato le telefonate individuando con tutta evidenza lo stato di sottomissione dell’intera famiglia che, però, non si decide a cedere alla proposta.
Un caso iniziato nel 2019
A causa del prolungarsi di questa indecisione, nel marzo 2019 viene recapitata ad una delle vittime, una missiva anonima dal contenuto minatorio e con un chiaro riferimento a possibili atti lesivi nei confronti suoi e della sua famiglia.
Gli accertamenti sulla lettera e le attività tecniche di intercettazione telefonica, consentivano di individuare in P.C. il reale mittente della missiva minatoria, affidata ad un terzo soggetto affinché venisse spedita da un luogo diverso rispetto a Lamezia Terme, al fine di eludere le eventuali verifiche.
Teste di capretto mozzate: messaggio della ‘ndrangheta
«È in questo quadro di forte intimidazione, si legge nella nota della Polizia, che si inseriscono le condotte del P.C., soggetto con elevata e raffinata capacità criminale, finalizzate a ingenerare uno stato di assoggettamento e timore, con modalità proprie delle associazioni mafiose, in questo caso “ndranghetistiche”, allo scopo di tutelare gli interessi del suo gruppo familiare e costringere la parte offesa ad accettare un accordo sfavorevole.
L’invio delle teste di capretto mozzate e della lettera anonima quali messaggi finalizzati ad ingenerare, nelle controparti della controversia giudiziaria, uno stato di assoggettamento ed omertà, infatti, integra nei confronti del P.C. l’aggravante dell’avere agito con metodo mafioso, attraverso l’impiego di modalità d’azione e della forza intimidatrice tipiche dell’”ndrangheta”».