La Chiesa soffre in Africa, per la violenza jihadista, e in Asia, per i governi totalitari

persecuzione dei cristiani (2)

L’Africa continua ad essere il continente più violento, con un aumento degli attacchi jihadisti che rende ancora più allarmante la situazione della libertà religiosa. Quasi la metà dei “Paesi caldi”, cioè 13 su 28, sono in Africa. La concentrazione dell’attività jihadista è particolarmente evidente nella regione del Sahel, intorno al lago Ciad, in Mozambico e in Somalia, e si sta estendendo ai Paesi vicini, molti dei quali rimangono sotto osservazione, avendo subito attacchi islamisti ai propri confini. E’ quanto emerge dalla XVI edizione del rapporto sulla libertà religiosa nel mondo, presentato dalla Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs). Nel continente africano 21 nazioni su 54 soffrono pericolosi livelli di persecuzione, in particolar modo in 13 si registrano forme estreme, mentre le altre 8 nazioni patiscono la discriminazione.

Cina e Corea del Nord i peggiori dell’Asia

Invece Cina e Corea del Nord rimangono i due Paesi asiatici con il peggior record di violazioni dei diritti umani, inclusa la libertà religiosa. Lo Stato vi esercita un controllo totalitario attraverso la sorveglianza e misure estreme di repressione contro la popolazione. E’ quanto emerge dal Rapporto sulla libertà religiosa. Il Rapporto Acs presta molta attenzione anche all’India, dove i livelli di persecuzione sono in aumento, attraverso l’imposizione di un pericoloso nazionalismo etnico-religioso, particolarmente dannoso per le minoranze religiose. Leggi anti-conversione sono state approvate, o sono allo studio, in 12 dei 28 Stati dell’India; tali normative prevedono pene fino a 10 anni di reclusione e includono vantaggi finanziari per coloro che si convertono o ritornano alla religione maggioritaria.

Conversioni religiose forzate, rapimenti e violenze sessuali

Inoltre, il Rapporto evidenzia che gli episodi di conversioni religiose forzate, rapimenti e violenze sessuali (inclusa la schiavitù sessuale) non sono diminuiti nel biennio in esame, anzi rimangono largamente ignorati dalle forze dell’ordine e dalle autorità giudiziarie locali. Come accade in Pakistan, dove giovani cristiane e indù spesso rapite e sottoposte a matrimoni forzati. Oltre alla grave violazione dei loro diritti umani, inclusa la libertà religiosa, queste pratiche hanno anche l’effetto di limitare la crescita delle loro comunità religiose. Dal 2021 in ben 40 Paesi si sono verificati omicidi o rapimenti per motivi di fede; in 36 nazioni i responsabili non sono perseguiti dalle autorità giudiziarie, o lo sono raramente. E in ben 34 paesi proprietà religiose o luoghi di culto sono stati attaccati o danneggiati.

Il silenzio della comunità internazionale

Negli ultimi due anni Acs ha rilevato “l’aumento globale del potere di governi autoritari e leader fondamentalisti che cercano di esercitare un potere illimitato e per questo sono sia gelosi sia timorosi dell’autorità spirituale, in particolare per la sua capacità di mobilitazione delle comunità religiose. L’impunità è diventata una costante in tutto il mondo e in 36 Paesi gli aggressori sono perseguiti raramente, o addirittura mai. A questo fenomeno dell’impunità contribuisce il silenzio della comunità internazionale nei confronti di regimi ritenuti strategicamente importanti per l’Occidente, come Cina e India, che non subiscono sanzioni internazionali o altre conseguenze per le loro violazioni della libertà religiosa. Lo stesso vale per Paesi come la Nigeria e il Pakistan”. Un esempio di questi regimi oppressivi, è ora anche il Nicaragua.