La Corte dei Conti: un disastro il Giubileo di Gualtieri

La magistratura contabile denuncia ritardi gravi e disfunzioni diffuse nel piano straordinario: opere incompiute, cronoprogrammi saltati e il porto di Fiumicino nel mirino
Doveva essere l’occasione per ridisegnare Roma e accogliere i pellegrini provenienti da tutto il mondo. Invece, a sette mesi dall’inizio del Giubileo, la Corte dei conti fotografa una macchina amministrativa ancora in affanno. Interventi definiti «essenziali e indifferibili» risultano invece incompleti, alcuni mai avviati, altri ostaggio di progettazioni infinite o vincoli non ancora superati. Il giudizio del Collegio del controllo concomitante è severo: troppi ritardi, troppo pochi collaudi e, soprattutto, un’intera struttura che sembra inseguire – piuttosto che governare – un evento che bussa ormai alle porte.

Il nodo non è solo temporale. È politico, amministrativo e finanziario. Alla data del 31 dicembre 2024, ben 21 interventi non avevano ancora superato la fase di cantierizzazione. Altri 47 erano già in ritardo sulle tappe intermedie. Ritardi che son diventati poi disastrosi nel momento in cui la Porta Santa è stata ufficialmente aperta.
La crisi dei cronoprogrammi
Al centro della critica c’è l’incapacità sistemica di rispettare i cronoprogrammi approvati con il DPCM dell’11 giugno 2024. La Corte parla di «parziale miglioramento», ma lo fa con prudenza. Solo 32 interventi su 70 risultano conclusi al mese di aprile 2025. Non bastano per garantire l’accoglienza prevista.
Particolarmente gravi le criticità legate ad affidamenti concentrati su un singolo soggetto esecutore, spesso responsabile di plurimi interventi. Questa scelta, secondo la Corte, ha generato effetti a catena: rallentamenti generalizzati, colli di bottiglia procedurali, carenze organizzative. Non è andata meglio nei casi in cui più opere sono state aggregate in un’unica gara: accorpamenti nati per semplificare e finiti per complicare tutto.
Anche la mancanza di dati aggiornati sui collaudi amministrativi pesa come un macigno: al 6 maggio 2025 la Struttura commissariale non sapeva ancora dire quante opere fossero realmente collaudate e fruibili.
Il caso simbolo: Fiumicino
Tra tutte le opere sotto esame, il progetto del porto turistico-crocieristico di Fiumicino è quello che più mette a nudo il divario tra ambizione e realtà. Una infrastruttura strategica, finanziata da risorse private, il cui cantiere è però fermo in attesa del parere del ministero della Cultura sulla compatibilità ambientale. Il mini-lotto pensato per accogliere i «pellegrini del lusso» è stato accantonato. E la Corte solleva una domanda pesante: ha ancora senso tenere quest’opera nel Piano Giubileo?
Il rischio è che un intervento così ambizioso finisca per essere classificato come «opera con il Giubileo», ovvero destinata a restare sulla carta come promessa futura. Non uno strumento per il 2025, ma una memoria postuma di ciò che si sarebbe voluto fare.
Cosa può ancora essere salvato
La Corte dei conti lancia una serie di raccomandazioni precise e, in alcuni casi, drastiche. Invita il Commissario straordinario a valutare lo stralcio degli interventi più in ritardo, la revoca dei finanziamenti per quelli non più funzionali agli obiettivi del Giubileo, e la rimodulazione dell’intero Piano, mettendo in discussione anche la permanenza nel regime agevolato.
Il messaggio di fondo è chiaro: il Giubileo non può diventare un paravento per cantieri infiniti, opere fuori tempo massimo o progetti scollegati dall’accoglienza dei pellegrini. Se deve lasciare un’eredità alla città, questa deve essere reale, utile, funzionante. E soprattutto visibile entro l’anno santo.
Il Commissario ha ora 60 giorni per rispondere. Non con parole, ma con atti. È l’ultima finestra utile per salvare la credibilità del Programma Giubileo 2025. Dopo, non resterà che il bilancio – e il giudizio – della storia.
