La mafia nigeriana trae forza dagli immigrati: dalla tratta di esseri umani alla prostituzione

La cosiddetta mafia nigeriana, alimentata dalle condizioni di vita di molti immigrati, è al centro di un focus della relazione semestrale della Dia (Direzione investigativa antimafia). Le strutture criminali nigeriane risultano attive in gran parte del territorio nazionale con presenze importanti nelle isole maggiori in particolare a Palermo, Catania e Cagliari ma anche nel Lazio e in Abruzzo. ”L’alto tasso di disoccupazione rilevato tra i nigeriani presenti sul territorio nazionale – riporta la relazione – raffrontato col considerevole ammontare delle rimesse di denaro dall’Italia verso la Nigeria, consente di ipotizzare che un significativo numero di soggetti disoccupati o in posizione di inattività di etnia nigeriana presenti in Italia possa almeno potenzialmente essere attratto dalle compagini malavitose autoctone.
La mafia nigeriana si concentra sulla tratta degli schiavi e sulla prostituzione
I flussi delle rimesse, oltre alla quota sicuramente preponderante di natura lecita che attesta l’operosità della comunità nigeriana, possono celare anche proventi di attività illegali. Gli interessi criminali delle consorterie nigeriane si concentrano sulla tratta di esseri umani connessa con lo sfruttamento della prostituzione. E l’accattonaggio forzoso a cui si associa un progressivo sviluppo nel settore del narcotraffico gestito talvolta in collaborazione con gruppi criminali albanesi”. Il traffico di droga è l’attività principale dei sodalizi nigeriani”. Inoltre ”la presenza di nigeriani in gruppi criminali multietnici viene confermata dalle evidenze investigative”. La comunità nigeriana rappresenta la terza componente demografica etnica africana presente in Italia dopo quella marocchina ed egiziana, nonché la prima in Europa.

Un’organizzazione gerarchica e paramilitare
”Tale comunità esprime un’innegabile valenza anche sotto il profilo delinquenziale. In dettaglio la criminalità nigeriana si concretizza nelle società segrete. I cui tratti tipici sono la gerarchia, la struttura paramilitare, i riti di affiliazione, i codici di comportamento. Un modus agendi che la Corte di Cassazione fin dal 2010 ha più volte ricondotto alla connotazione di mafiosità. Appare significativo evidenziare l’accertamento di riunioni periodiche dei “culti” in varie città. Emerso poi il collegamento tra omologhi sodalizi operativi in diverse città italiane”. Il contrasto alla criminalità nigeriana richiede ”una sua conoscenza ampia, allargata e condivisa tra le forze di polizia e la magistratura”. Si tratta di ”un vero e proprio macro-fenomeno che non può prescindere dalla conoscenza delle sue origini e delle sue proiezioni internazionali”.