La ‘ndrangheta aveva nel mirino Klaus Davi. Il giornalista: “Vado avanti, non mi fermano” (video)

Klaus Davi

Nelle intercettazioni degli uomini della ‘ndrangheta arrestati a Roma, spiccano anche le minacce di morte a Klaus Davi. La diramazione romana della cosca calabrese era preoccupata dall’iniziativa promossa 5 anni fa dal giornalista. Klaus Davi voleva affiggere nella metropolitana di Roma una mappa delle stazioni ‘Ndrangheta di Roma, con tutti i nomi dei boss. Tra essi, proprio quelli dei due capi della ‘diarchia’ della Capitale, Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro.

Un “elemento di riflessione riguarda le minacce di Carzo contro il giornalista Klaus Davi”, scrive nell’ordinanza di arresto il gip Sturzo. L’opinionista, reo di aver attirato l’attenzione sulla ‘ndrangheta a Roma metteva in pericolo la loro copertura.

In una conversazione intercettata, proprio il boss dice: “’Sto sbirro di Klaus Davi voleva mettere i boss della ‘ndrangheta a Roma, chi sono. E voleva appiccicarli nelle fermate…da…della metropolitana…come ha fatto a Milano…e aveva messo me…a Vincenzo…ora ti mostro…”. L’iniziativa del giornalista, “fu poi bloccata – si legge nell’ordinanza – ma non sappiamo se ci possa essere stata qualche connessione tra il blocco di allora e le successive minacce di Carzo”.

Klaus Davi aveva proposto di mettere le foto dei boss della ‘ndrangheta nelle stazioni della metro

“Per me è un onore che mi definiscano uno sbirro, da un lato mi spaventa ma dall’altro sono orgoglioso”. Lo afferma all’Adnkronos il giornalista Klaus Davi commentando le minacce a lui rivolte dai boss della ‘ndrangheta attivi a Roma ed emerse dall’ordinanza di 43 arresti nell’ambito dell’indagine della Dda della Capitale e della Dia, coordinata dai procuratori aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò e dai pm Giovanni Musarò e Francesco Minisci, nei confronti della prima ‘ndrina calabrese attiva a Roma e sgominata con la maxi operazione di oggi.

Davi aveva il progetto di affiggere nella metropolitana della Capitale i nomi dei boss calabresi e siciliani, come aveva fatto nelle stazioni di Milano, Torino, Reggio Calabria e Palermo, poi a Roma nel 2017 “l’idea è stata stoppata dall’amministrazione comunale”. “Con questi manifesti, pubblicando i loro nomi, ho violato un tabù per la ‘ndrangheta – sottolinea Davi – una perversa sacralità, fondata sul ‘marketing della paura’ attraverso cui soffocano i territori. Ma io vado avanti, non mi fermano”.