La “pazza idea” del ministro Adolfo Urso: mancano le materie prime, riapriamo le nostre miniere

C’è “un rischio elevato di approvvigionamento delle materie prime critiche, cioè quelle non energetiche e non agricole” sia per l’Europa che per il nostro Paese, per questo in Italia andrebbero “riaperte le miniere” visto che nel nostro sottosuolo si trovano ben “16 su 34 delle materie prime critiche” indicate dall’Ue. E’ stato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ad alzare così l’attenzione sullo stato critico di approvviggionamento delle materie prime critiche nel Vecchio Continente e nel nostro territorio. Illustrando il dossier nel corso di una audizione in Commissione Industria del Senato, Urso ha rilevato che ormai molta parte delle materie prime critiche arrivano dalla Cina.
Il cobalto estratto in Congo va in Cina e poi in Italia
Dunque, bando “alle ipocrisie” sul riaprire gli scavi e le miniere, anche perché, Urso ha ricordato che, come accade per il cobalto, dopo averlo estratto in Congo, spesso “sotto la minaccia dei mitra dei mercenari” – quindi senza tutele né per i lavoratori né per l’ambiente – viene “spedito in Cina” per la raffinazione e poi “ritorna in Italia”. Da qui la necessità di un diverso indirizzo di “politica industriale” per il nostro Paese sulle materie strategiche e critiche. Un problema che tocca pienamente l’Europa che ha aperto un dibattito e che sulle materie prime critiche “dipende quasi esclusivamente dalle importazioni”, ad esempio, ne acquista “il 97% dalla Cina”. “Le terre rare pesanti sono raffinate esclusivamente in Cina, il 63% del cobalto mondiale è estratto in Congo e il 60% è raffinato in Cina” è stato lo scenario illustrato dal titolare del Mimit.

Non abbiamo materie prime, siamo esposti a molti rischi
“I rischi cui siamo esposti sono evidenti”, ha detto. “Il fabbisogno” delle materie prime critiche, ha proseguito il ministro nella sua relazione, “è destinato ad aumentare i modo esponenziale” perché queste materie prime sono coinvolte nello “sviluppo e diffusione delle tecnologie necessarie per gli obiettivi di decarbonizzazione”. “La circolarità dei materiali e il rafforzamento dell’efficienza – ha osservato – possono attenuare, in una certa misura, il previsto aumento della domanda ma non risolvere il problema”. E anche se l’Italia “è la prima in Europa nel riciclo” e “potrebbe arrivare anche a realizzare “il 40% del fabbisogno nel 2040”, è utile “ma non risolve il problema” secondo Urso. “Noi siamo bravi a riciclare – ha detto – ma la sostituzione e efficienza dei materiali possono attenuare domanda, possono attenuare il problema ma non risolvere”.
Nel nostro sottosuolo ci sono 16 delle 34 materie prime critiche
Il governo si è mosso “e subito” per fare chiarezza sullo stato delle cose nazionale ed ha proceduto a “una mappatura” delle materie prime critiche presenti sul nostro territorio. “Con questa mappatura – realizzata insieme al ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin – abbiamo verificato che possediamo 16 su 34 delle materie prime critiche” indicate dall’Ue, materie che possono servire specialmente per produrre “pannelli solari”. Ma queste materie prime critiche “si trovano in miniere chiuse dalla crisi di 30 anni fa per l’impatto ma anche perché non c’erano margini di guadagno” ha ricordato. Si riaprano dunque queste miniere, ha detto Urso.
Meglio miniere in Italia che in altri Paesi senza tutele
Ma il problema delle materie prime è un problema europeo oltre che dell’Italia e Urso ha anticipato che il 30 ottobre prossimo a Roma “Italia, Francia e Germania si incontreranno”nell’ambito di un evento sulla tecnologia digitale, poi ci sarà un incontro “in Francia” nell’ambito di un evento “sulle tecnologie verdi”. Dunque l’Europa si muove e l’Italia anche dovrebbe rivedere la politica sulle miniere. “Credo – ha indicato quindi – che le ipocrisie debbano essere denunciate” e “per questo è meglio fare una miniera di cobalto in Italia piuttosto che in Congo. Immagino – ha argomentato Urso – che chi voglia difendere l’ambiente nel nostro Paese, voglia difendere l’ambiente anche a livello globale e coloro che si battono per gli standard lavorativi nel nostro Paese, vogliono che anche negli altri Paesi si elevino gli standard lavorativi”.
Rispettare gli standard ambientali e sociali
“E credo debbano esserci vincoli anche di politica commerciale” perché “non è possibile che chi realizza questi prodotti senza rispettare gli stessi standard ambientali e sociali che noi giustamente imponiamo ed eleviamo ogni giorno in Europa, poi esporti quei prodotti, con dumping, nel continente europeo. Su questo dobbiamo intervenire necessariamente” ha aggiunto Urso. Le materie prime critiche “costituiscono fattori produttivi indispensabili per una vasta gamma di prodotti strategici come le rinnovabili, il digitale, il settore dello spazio e difesa, la sanità” ha concluso Urso che ha chiuso la sua audizione guardando in avanti: “Il nostro dovere verso” le nuove generazioni “è rendere autonoma l’Europa” nelle materie prime così come in forniture “come il gas” scongiurare crisi di energia.