La proposta del professor Vaia: “Il Covid non è più quello del 2020, dovrebbe cambiare nome”

Secondo il professore Francesco Vaia il Covid non c’è più: almeno quello che conoscevamo oggi. Dovrebbe cambiare nome. Inoltre, il problema “del reintegro dei medici no vax è superato. Erano pochi e concordo con il ministro della Salute, Orazio Schillaci, che lo ha deideologizzato. Allo Spallanzani non ce ne sono, ma se ne avessi avuti non avrei potuto metterli nel circuito assistenziale con fragili e immunodepressi”. Lo dice in un’intervista al Corriere della Sera il direttore generale dell’Istituto per le malattie infettive romano
“Sui medici no vax c’è stato un approccio idelogico”
Ora il punto “non è il vaccino, ma la legge – spiega il professor Vaia – Una persona non deve essere sanzionata perché non si è vaccinata, ma perché non ha rispettato la legge”. Venendo agli altri temi legati al covid, Vaia che vive “sotto tutela da parte delle forze dell’ordine” dopo essere stato “sommerso di minacce” da parte dei no vax, ritiene che “per gli asintomatici l’isolamento possa durare 5 giorni dalla positività, senza bisogno di ulteriore test negativo. Chi ha sintomi lievi, riteniamo che possa interromperlo a 5 giorni dalla comparsa dei sintomi, se senza febbre da 24 ore. In questa fase, dove ci sarà anche l’influenza stagionale, sarebbe prudente nei 5 giorni successivi, se non si ha un test negativo, usare una mascherina, in caso di contatto con persone fragili”.

Vaia: “Il Covid è più contagioso ma meno patogeno”
Il Covid “continuerà a circolare con varianti e sottovarianti, come è accaduto per tutti i virus che hanno scatenato pandemie. E non lo chiamerei più Sars-CoV-2, ma Sars-CoV-22: è molto diverso da quello iniziale, più contagioso ma meno patogeno salvo per persone anziane e fragili”. Si è raggiunta “una grande immunità ibrida, tra vaccinati e guariti. La maggior parte delle persone è protetta da malattia grave, ospedalizzazione e morte. E anche se ci saranno oscillazioni, non le temo. Le Regioni però “devono attivare la sorveglianza sulle varianti, potenziare la medicina del territorio e garantire l’accesso ai farmaci: monoclonali e antivirali funzionano, se dati precocemente”. Inoltre bisogna “spingere sulla quarta dose di vaccino” per anziani e fragili”.