La Regione Lazio ignora il Tribunale: ad Acilia Amina ancora senza infermiera h24 dopo un gravissimo errore medico

Amina

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Chi si ricorda di Amina? La “bambina” – anche se oggi ha 42 anni – di Acilia confinata in un letto, bisognosa di cure h24 dopo una diagnosi medica errata. Dimenticarla, come pare stiano facendo proprio coloro che dovrebbero fare qualcosa per lei, è facile. Basta voltarsi dall’altra parte, non guardarla, immergersi in mille altre cose da fare, nella vita. In quella vita che Amina non  può più vivere appieno, perché un errore medico glielo ha impedito, impedendo nel contempo anche a sua madre, Rita Basso, di avere una “vita normale”.

E adesso Rita, mamma coraggio, ci riprova. Dopo aver scritto al Presidente della Repubblica, riprende carta e penna e stavolta si rivolge all’Assessore Massimiliano Maselli, sperando di essere più fortunata.

Chi è Amina

La storia di Amina, che vive ad Acilia, nel X Municipio di Roma, è una ferita aperta che racconta più di quarant’anni di dolore e resistenza. Da bambina, per una diagnosi sbagliata, le venne attribuito un tumore maligno al cervello. Per questo fu sottoposta a radioterapia pesantissima, che si rivelò inutile e devastante. Anni dopo, un intervento chirurgico svelò l’amara verità: quel tumore era benigno. Ma il danno, irreparabile, era ormai stato fatto.

Oggi Amina non parla, vede e sente poco, si nutre solo con una sonda, ma mantiene una sua forma di comunicazione con chi le sta accanto. Sua madre non ha mai smesso di lottare. È lei il simbolo di questa battaglia: una donna che da decenni si scontra con l’indifferenza istituzionale, senza mai arrendersi.

L’assistenza negata

Una sentenza del Tribunale Civile di Roma ha riconosciuto ad Amina il diritto a un’assistenza infermieristica domiciliare h24. Sulla carta è tutto chiaro. Nella realtà, invece, la Regione Lazio affida il servizio a società private che ruotano personale a partita Iva, senza garantire continuità né stabilità. Un metodo che stava creando solo disagi per Amina, destabilizzandola. E ora l’assistenza non c’è più.

Per questo Rita chiede che la gestione passi direttamente all’Asl di competenza, così da avere un’équipe fissa e formata. Una richiesta semplice e logica, che però finora è rimasta lettera morta.

La voce sui social

Per non lasciare che il silenzio calasse sulla sua storia, Rita ha creato la pagina Facebook “Io sto con Amina”, una comunità che raccoglie testimonianze, sostegno e indignazione. Da lì sono nate campagne di solidarietà, appelli e iniziative che hanno dato visibilità al caso. Ma le istituzioni, a quanto pare, restano sorde.

A marzo Rita ha scritto persino al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Oggi, esasperata, torna a farsi sentire con una lettera aperta all’Assessore Massimiliano Maselli, che l’ha informata – attraverso la mailing List – di quanto la Regione fa per i carcerati, contro l’abbandono scolastico e per i minori. Ma non per Amina.

“Volere è potere”

Nella sua lettera, Rita non si limita a chiedere: mette i fatti sul tavolo, uno per uno. Ricorda i due incontri già avuti con l’assessore, le lacrime versate in ufficio, le notti in bianco accanto alla figlia, le mancanze della Regione e della Asl. Con parole che colpiscono come macigni, scrive:

“Vorrei essere semplicemente mamma, non medico, infermiera o OSS. E invece da anni sono costretta a fare tutto da sola. La vita di Amina non può dipendere dalla disponibilità saltuaria di personale precario. C’è una sentenza che parla chiaro: serve un’infermiera sempre presente in casa. Non un file pieno di nomi a partita Iva”. E chiude con una frase che è un pugno nello stomaco: “Assessore, volere è potere. Ora sta a voi dimostrarlo”.