La sinistra negazionista italiana continua a difendere il macellaio comunista Tito

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Il negazionismo di sinistra è sempre vivo, sarà che così si distraggono dalle continue sconfitte ovunque. “C’è bisogno di prove e allo stato non esiste una condanna delle corti internazionali a carico di Tito”, ha detto all’Huffington Post Filiberto Zaratti, deputato di Sinistra-Verdi, contrario alla proposta di Fratelli d’Italia di revocare post mortem la carica di Cavaliere di gran croce dell’Ordine conferita al dittatore jugoslavo Tito, i cui sostenitori si resero responsabili del massacro delle Foibe. “Allora che facciamo con Mussolini? Più crimini contro l’umanità di lui che ha mandato la gente nei lager…”, ha osservato Zaratti.

Menia: sinistra fuori dalla storia

“Giudico fuori dal mondo e fuori dalla storia le polemiche di alcuni esponenti della sinistra, secondo cui non esisterebbero condanne nei confronti del dittatore jugoslavo Tito, per questo da assolvere. Faccio presente che esiste già un atto, ovvero un ordine del giorno a mia prima firma e del gruppo Fdi, approvato al senato lo scorso 19 luglio, che impegna il governo stesso ad avviare il procedimento di revoca dell’onorificenza a Tito. Restiamo fiduciosi in attesa che il governo dia attuazione, come fece per la revoca della medesima onorificenza al presidente siriano Assad. La storia va rispettata, raccontata e affrontata a testa alta: sull’infoibamento di migliaia di italiani non c’è spazio per negazionismi”. Lo dichiara il senatore di Fdi triestino Roberto Menia.

Urzì: riaffiora il vecchio armamentario ideologico della sinistra

“Sulla revoca dell’onorificenza di cavaliere di gran croce della Repubblica italiana al dittatore Tito è riaffiorato in commissione Affari costituzionali della Camera il vecchio armamentario ideologico della sinistra. La distinzione l’ha fatta l’onorevole Gianni Cuperlo, attento nel definire Tito un dittatore, ma molto più in difficoltà a riconoscere come meritoria l’iniziativa legislativa portata in parlamento da due iniziative di legge a prima firma Rizzetto e Rampelli. Si celebri questo momento come il completamento del percorso di acquisizione di consapevolezza storica consacrata dalla introduzione fra le giornate del calendario repubblicano di quella dedicata al ricordo delle Foibe”. Lo ha dichiarato Alessandro Urzì, capogruppo di Fdi in Commissione Affari costituzionali.

La sinistra non riesce a chiudere i conti con la storia

“Purtroppo il richiamo a il rischio di opposte retoriche negazioniste o di uso politico della storia richiamato dal partito democratico ha mostrato la difficoltà ancora oggi esistente a chiudere i conti con una storia orribile che ha mutilato l’Italia e procurato una frattura solo oggi faticosamente ricomposta in uno spirito di fratellanza europea. Che però non può precludere il giudizio sulla storia. La Repubblica italiana non può tollerare onorificenze al carnefice Tito, e non può sopportare i giustificazionismi che per decenni hanno negato all’Italia il diritto di conoscere quella tragedia. Gli assassini non potranno mai essere posti sullo stesso piano delle vittime. Il provvedimento, che troverà la sintesi in un testo unico, sarà presto portato in aula”, conclude il parlamentare di Fdi.

Rizzetto: sconcerto per le parole dell’esponente di Sinistra-Verdi

“Provo sconcerto di fronte alle parole dell’onorevole Filiberto Zaratti, di Sinistra-Verdi, per il quale non esistono prove che Tito si sia macchiato di crimini crudeli e contro l’umanità. Non conosce fatti storici importanti come la tragedia delle Foibe e i massacri operati per mano del dittatore Tito”. È quanto afferma in una nota Walter Rizzetto (Fdi), presidente della Commissione Lavoro della Camera, primo firmatario della pdl che chiede la revoca dell’onorificenza italiana a Tito concessa nel 1969. “Ricordo che Tito fu ispiratore ed esecutore dello sterminio di migliaia di italiani nelle foibe. Oltre 350mila connazionali costretti all’esilio dalle terre italiane – in cui erano nati – di Istria, Fiume e Dalmazia per sfuggire alla repressione dei partigiani comunisti di Tito”.