La voce mascherata dal telefono Rai: 7 mesi a Varriale, il (nuovo) caso che imbarazza Viale Mazzini

Enrico Varriale

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Non è solo l’ennesima pagina nera di un volto noto della televisione: la nuova condanna di Enrico Varriale tocca un nervo scoperto, perché riguarda la fiducia in chi per anni ha avuto un ruolo pubblico e una grande visibilità. Il Tribunale di Roma lo ha riconosciuto colpevole per minacce e lesioni nei confronti di una donna con cui aveva una relazione, infliggendogli una pena di sette mesi. Una vicenda che riporta al centro un tema politico e sociale: chi ha avuto potere e microfono deve rispondere davanti alla legge e davanti ai cittadini.

Cosa hanno deciso i giudici

Il punto chiave, per capirci senza tecnicismi, è questo: il tribunale non ha confermato l’accusa di stalking, ma ha comunque ritenuto provate le minacce, oltre alle lesioni. In altre parole: non è passato l’impianto più “pesante” dell’accusa, ma è rimasto il cuore della storia, cioè un comportamento considerato intimidatorio e violento. È una sentenza che pesa anche fuori dall’aula: perché quando la giustizia tocca personaggi pubblici, il messaggio arriva dritto nelle case e nelle conversazioni quotidiane.

Lo schiaffo, la caduta e la paura

Secondo la ricostruzione emersa in aula, tutto sarebbe partito da una discussione degenerata. La donna ha raccontato di essere stata colpita con uno schiaffo e di essere caduta. Da quel momento, ha riferito di aver iniziato a stare male, con attacchi di panico e la sensazione costante di essere in pericolo. A pesare nel processo sono stati anche riscontri medici: certificati che descrivono un trauma compatibile con la caduta seguita all’aggressione. È qui che la vicenda smette di essere “gossip” e diventa una questione seria: perché quando entra la violenza, la relazione non è più un fatto privato.

La telefonata dall’utenza Rai: “Morirai”

L’episodio più inquietante è quello della telefonata. Secondo quanto contestato, la donna sarebbe stata contattata con numero oscurato usando un’utenza riconducibile alla Rai, e con una voce camuffata. La frase attribuita all’autore della chiamata è netta, brutale: “Morirai”. Varriale ha negato quella specifica minaccia, sostenendo di aver pronunciato parole diverse.

Ma al di là della versione difensiva, ciò che colpisce è l’immagine che resta: l’ombra di una intimidazione che si lega a un luogo simbolico, un ambiente pubblico e istituzionale. Ed è qui che la storia diventa anche politica: perché la credibilità delle istituzioni si rompe non solo con i grandi scandali, ma pure con questi episodi che puzzano di abuso e impunità.

Rai e responsabilità: quando il servizio pubblico paga il conto

Questa condanna arriva dopo altre vicende giudiziarie che hanno già segnato la figura del giornalista. E nel frattempo, sul piano dell’immagine, il danno per il servizio pubblico è evidente: ogni storia del genere alimenta la sensazione che esista un doppio binario tra “chi conta” e chi non conta.