Due parole sulle leadership. E sui danni Pd al governo Draghi

Leadership

Le leadership non sono eterne. Gianfranco Fini sembrava invincibile. Matteo Renzi pure. E tanti leader politici di sinistra. Se non si sta con l’orecchio sul terreno, alla fine crollano tutti.

Può darsi che invece invincibile sia la Meloni, le faccio tanti auguri, ma le 48 ore di amarezze che mi sono lasciato alle spalle preferisco dimenticarle.

L’illusione dell’eternità delle leadership

Se si arriva all’inimicizia ostentata – parlo dei cerchi magici e non si chi sui social può non conoscere che cosa accade dietro le quinte – vuol dire che pur di non trovare contraddittorio si calpestano storie comuni. Non voglio raccontare cose accadute, perché ferirebbero troppi, preferisco guardare al domani di questa nostra Patria.

Mi preoccupa un po’ ciò che può accadere nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Perché se Mario Draghi non mette a freno gli insospettabili ardori di Enrico Letta, prima o poi il meccanismo di governo impazzisce. E con tanti saluti al rispetto delle tappe della campagna di vaccinazione e ai piani per lo sviluppo economico dell’Italia.

Voglio dirlo con chiarezza: sarebbe illusorio pensare che dopo un mese di governo si potessero risolvere i problemi. L’aumento della forza virulenta delle varianti del Covid incide in maniera preoccupante sulla salute; e per le politiche legate al risarcimento dei danni economici la nostalgia rossogialla per il contismo è inaccettabile. Perché frena ogni possibilità di rimettere in piedi l’Italia.

Quei due miliardi conquistati dalla Lega per il turismo – cito solo la parte che reputo più importante del primo, vero decreto Draghi – devono rappresentare il biglietto da visita di un modello economico legato allo sviluppo dell’impresa. Ma altro ancora deve arrivare, dal punto di vista fiscale, ad esempio.

Draghi dovrà mettere il Pd all’angolo

Se invece il Pd gioca semplicemente a fare l’anti Salvini per distrarsi dai propri, enormi, problemi interni, a rimetterci sarà l’esecutivo. E quindi l’Italia.

Sta al premier farlo capire ai suoi nostalgici (di Conte) partner. Quella pagina è chiusa, archiviata, kaputt. Oggi c’è un’altra classe dirigente al governo dell’Italia e la sinistra si deve rassegnare a farci i conti.
No, non è Salvini se ne va. Ma sarà Draghi, prima o poi, a mettere all’angolo il Pd. Prima della polemica politica ci sono gli italiani da salvare e da aiutare. E per questo è un bene che Lega e Forza Italia stiano nella cabina di comando. Questione di leadership.