Letta vuole fare l’americano, ma tra i suoi alleati spunta l’ala filo-cinese

Letta

Sulla guerra in Ucraina l’atlantista Enrico Letta ha un grosso problema all’interno della sua coalizione e anche all’interno dello stesso Partito democratico. I mal di pancia sulla posizione allineata con la Nato diventano di giorno in giorni più impellenti. Vietato dirlo ufficialmente, ma il richiamo della foresta sovietica si fa sentire in modo sempre più crescente.

Tutte le dichiarazioni degli esponenti dem più a sinistra oscillano tra la premessa che nessuno è filo-russo e poi la scivolata contro la Nato. Con una parte dei dem c’è tutto o quasi Leu e una parte non di poco conto dei 5 Stelle. E qual è il nuovo punto di riferimento? Neanche a dirlo, la Cina. Mosca e Pechino, il ritorno agli antichi amori dei postcomunisti.

Proprio la Cina rappresenta per gli orfani del comunismo un ultimo baluardo contro l’egemonia americana. I vecchi esponenti del Pd, che si sono iscritti quando la falce e il martello campeggiavano ancora nel simbolo elettorale, hanno individuato nel regime di Pechino la via migliore all’antiatlantismo. La Cina comunista e capitalista allo stesso tempo, che dall’esterno garantisce la botte piena e la moglie ubriaca.

Letta fa l’americano, ma tra i suoi tanti gridano: “La Cina è vicina”

Per non parlare del Movimento 5 Stelle, che alla Cina ha visto con occhi particolarmente dolci. Basti pensare alla manovra definita “bonus monopattino”, che nei fatti ha garantito alla Cina entroiti per centinaia di milioni di euro. A Pechino hanno un fortissimo potere attrattivo, come sanno bene D’Alema e Prodi, che con la Cina hanno intrattenuto relazioni significative. Così, il povero Letta è costretto a barcamenarsi tra il suo ruolo ufficiale atlantista e  filo-americano e le pressioni di Pd, Leu e Cinque Stelle che sembrano ripetere un vecchio slogan della sinistra anni ’70: la Cina è vicina.