L’ex di Yvonne Sciò, Stefano Dammicco, non paga gli alimenti: condannato a due mesi
Dai set di Hollywood alle aule del tribunale di piazzale Clodio. Finisce così, almeno per ora, la vicenda giudiziaria di Stefano Dammicco, produttore cinematografico e cofondatore della Eagle Pictures. La società che ha distribuito successi come La passione di Cristo, Se mi lasci ti cancello e, dopo la sua uscita, Il discorso del re e Twilight. L’imprenditore è stato condannato a due mesi di reclusione, pena sospesa, per non aver versato gli alimenti destinati alla figlia avuta con l’ex moglie Yvonne Sciò, attrice e modella celebre fin dagli anni ’90. La notizia è stata riportata dal quotidiano La Repubblica.
Stefano Dammicco, ex Yvonne Sciò, condannato
La decisione, emessa dal tribunale di Roma, rappresenta una nuova tappa di una controversia familiare che si trascina da oltre quindici anni. E soprattutto che mette in luce un tema di forte interesse pubblico: il diritto dei figli a ricevere un sostegno economico continuativo, anche dopo la fine di un matrimonio.
La seconda condanna in sei anni
Non è la prima volta che Dammicco viene sanzionato per lo stesso motivo. Già nel 2019 aveva patteggiato una condanna a due mesi e sei giorni, sempre con pena sospesa, per non aver versato circa 37 mila euro di assegni di mantenimento. Oggi, la storia si ripete. Secondo il pubblico ministero Silvia Radicella, il produttore avrebbe nuovamente «fatto mancare i mezzi di sussistenza» alla figlia, violando gli accordi sottoscritti nel 2014 in sede di negoziazione assistita.
In sostanza, Dammicco avrebbe ignorato parte delle obbligazioni economiche fissate a tutela della minore. La legge, in questi casi, non lascia spazio a interpretazioni. Il genitore è tenuto a garantire il mantenimento, indipendentemente dai rapporti personali con l’ex coniuge o da eventuali difficoltà professionali.
Yvonne Sciò, una vittoria simbolica
Per Yvonne Sciò, ex protagonista della celebre pubblicità della Sip — «Mi ami? Ma quanto mi ami?» — si tratta di una vittoria giudiziaria più che economica. L’attrice, che ha lavorato con registi come Verdone, Pupi Avati e i fratelli Taviani, ha scelto di affrontare apertamente una battaglia che molte donne, in situazioni simili, preferiscono non rendere pubblica.
La sua denuncia ha avuto un valore simbolico: quello di affermare che il rispetto degli obblighi verso i figli non è materia privata ma questione di responsabilità civile. Il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento non colpisce soltanto l’ex partner, ma soprattutto i minori coinvolti, che la legge tutela in modo prioritario.
Il richiamo della giustizia
Il tribunale ha ribadito un principio fondamentale: la separazione dei coniugi non comporta la cessazione dei doveri genitoriali. Anche in presenza di contrasti o di lunghe dispute legali, il dovere di mantenere i figli rimane intatto. La pena inflitta a Dammicco — sebbene sospesa — rappresenta un segnale chiaro, soprattutto in un settore come quello dello spettacolo, dove la visibilità pubblica spesso si accompagna a una certa disattenzione verso le conseguenze legali dei comportamenti privati.
L’esito del processo non ha solo un valore punitivo, ma anche educativo: sottolinea che la fama, il successo o le difficoltà economiche non esonerano dal rispetto degli obblighi stabiliti da un giudice.
Una questione di dignità e tutela dei minori
La vicenda Dammicco-Sciò si inserisce in un contesto più ampio, quello delle mancate corresponsioni degli assegni familiari, un problema che in Italia riguarda migliaia di madri e padri separati. Secondo i dati dell’Istat, oltre il 30% degli assegni di mantenimento non viene versato regolarmente. Un fenomeno che si traduce in disagi economici e psicologici per i figli, spesso costretti a crescere in un clima di tensione e precarietà.
La giurisprudenza più recente — e questa sentenza lo conferma — tende a inasprire le sanzioni per chi omette tali pagamenti, riconoscendo la gravità sociale del comportamento.
Dalla cronaca al messaggio pubblico
Al di là dei nomi noti e delle biografie patinate, la storia di Dammicco e Sciò richiama tutti a una riflessione più profonda: il rispetto delle sentenze e dei doveri familiari è un atto di civiltà, prima ancora che un obbligo legale.
Dietro ogni cifra non versata c’è un diritto negato a un minore. Dietro ogni condanna, una ferita familiare che si riapre.
La giustizia, in questo caso, ha parlato chiaro: nessun palcoscenico, per quanto prestigioso, può oscurare la responsabilità di essere genitori.