L’Harry’S Bar resta chiuso, era simbolo della dolce vita

Forse è rimasto l’ultimo simbolo della Via Veneto della dolce vita. Quando l’Italia era in pieno boom economico, e a Roma si incontravano registi famosi, attrici bellissime e star di Hollywood. Immagini scolpite nella mente di tutti noi, di chi ha vissuto quegli anni e di chi se li è fatti raccontare. O magari di chi ha visto gli scatti rubati ai divi, qualche istantanea di Mario Barillari per esempio. Quando anche i paparazzi facevano affari d’oro, e l’etica professionale non era ancora andata perduta. Indimenticabili il bagno a Fontana di Trevi della bellissima Anita Ekberg nella pellicola diretta da Federico Fellini con Marcello Mastroianni. Ma anche le fotografie di Tazio Secchiaroli, i tavolini di Piazza del Popolo in cui discutevano Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini. Mentre nelle vicine gallerie  esponevano artisti come Mario Schifano. Erano anche gli anni in cui sul versante musicale si affacciava il mito del Piper, ma per quasi tutti il caffè simbolo era già rappresentato dall’Harry’S Bar di Via Veneto. Ai cui tavoli era stato cliente fisso anche Ernest Hemingway qualche anno prima, tra il 1949 e il 1950. Ora il proprietario del locale Piero Lepore ha lanciato il suo grido di allarme. Se lo Stato non ci aiuta falliamo.

Piero Lepore, se non ci aiutano L’Harry’S Bar non può riaprire. Senza turisti i costi sono insostenibili 

Siamo rovinati, in due mesi abbiamo perso il 35% del fatturato. È questo il grido di allarme di Piero Lepore, proprietario dello storico Harry’S Bar. Uno dei pochi simboli della dolce vita rimasti intatti nella decadenza di Via Veneto. Clientela raffinata la sua, molti stranieri a cominciare dal personale americano della vicina ambasciata. Ma non solo, perché ancora seduti a tavola o nel dehors si potevano trovare artisti e intellettuali più o meno famosi. Giornalisti in cerca di uno spunto o scrittori impegnati nella stesura del loro ultimo romanzo. Poi però è arrivato il coronavirus e anche questa oasi felice ne sta pagando il prezzo. Lo ha dichiarato lo stesso Lepore in un comunicato diramato dall’agenzia ADN Kronos, e le sue parole sono molto chiare. Senza un aiuto vero dello Stato non potremo ripartire. Ho diciotto dipendenti, continua Lepore. E dal 23 marzo sono tutti in cassa integrazione. Solo che ancora non hanno visto un euro, a parte quanto gli ho versato io il mese scorso. Hanno famiglia e mi chiedo, ma se adesso non arrivano i soldi loro che fanno?

I soldi dello Stato ancora non si vedono. Così dovrò licenziare i due terzi del personale

I soldi dello Stato per la cassa integrazione ancora non si vedono. E se continua così dovrò licenziare i due terzi del personale. Piero Lepore è il proprietario dell’Harry’S Bar di via Veneto e non ha dubbi. Non sarà possibile riaprire per noi, neanche nella fase due. A meno che non cambi qualcosa. Tra contingentamento della clientela, distanziamento sociale e norme di sicurezza ci andiamo a perdere. Così non siamo neanche in grado di pagare i contributi ai dipendenti, e il presunto aiuto dello Stato è solo uno spostamento in avanti. Perché poi i soldi andranno restituiti e ci saranno anche gli interessi. Questi per noi sono solitamente i mesi migliori, invece abbiamo ricevuto una mazzata terribile. Fin qui il grido d’allarme lanciato da Lepore, ora vedremo se qualcuno lo raccoglierà. Come avvenuto per esempio per il Caffè della Pace. Tra Roma Capitale e Governo, per impedire che il simbolo di Via Veneto e della dolce vita chiuda per sempre.

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