I 136 minatori italiani caduti a Marcinelle non erano clandestini ma lavoratori autorizzati

tremaglia a marcinelle
Pubblichiamo la lettera di Giorgia Meloni al Corriere della Sera in ricordo della tragedia di Marcinelle👇🏻
Gentile Direttore,
ricorre oggi il sessantaseiesimo anniversario della tragedia di Marcinelle, nella quale persero la vita 262 minatori, 136 dei quali italiani. Ieri Enrico Letta ha annunciato da queste colonne la sua partecipazione alla commemorazione istituzionale che si svolge come ogni anno nella cittadina belga. Un gesto che apprezzo, sinceramente, e che a Marcinelle ha portato anche me in anni passati, perché quella tragedia è un tassello della nostra vicenda nazionale e di una necessaria memoria storica condivisa. È con questo spirito che nel 2001 un uomo orgogliosamente di destra come l’indimenticato Mirko Tremaglia, allora Ministro per gli Italiani nel mondo, propose di fare dell’8 agosto la Giornata del sacrifico del lavoro italiano nel mondo.

Marcinelle per anni ricordata dal solo Tremaglia

Da 21 anni quindi, nel commemorare i nostri connazionali caduti nel Bois du Cazier, ricordiamo i tanti altri italiani morti sul lavoro in ogni continente. Simboli di un’emigrazione che ha visto milioni di figli d’Italia non soltanto cercare fortuna lontano da casa. Ma contribuire, da italiani, al progresso economico, sociale e culturale delle nazioni che li hanno accolti. Anche quando questo non avveniva in condizioni ottimali, come fu per i nostri minatori in Vallonia. L’Italia post-bellica aveva siglato nel 1946 un protocollo con il Belgio. Il quale si impegnava a rifornirci di carbone in cambio di manovalanza per le loro miniere. I proprietari si impegnavano a garantire salari e condizioni di lavoro dignitose. Ma una volta arrivati sul posto tanti dei nostri connazionali si ritrovarono a dormire nelle baracche destinate fino a qualche mese prima ai prigionieri di guerra tedeschi e a lavorare in condizioni ai limiti dell’umana sopportazione.

Oggi i clandestini arricchiscono i trafficanti di schiavi

Ora, non credo sia difficile notare come il quadro fosse radicalmente diverso da quello dell’attuale situazione dell’immigrazione verso l’Italia. Qui e oggi, accanto all’immigrazione regolare, fatta di milioni di stranieri che si sono integrati positivamente nella nostra società e che meritano il nostro apprezzamento. Da anni conosciamo ingenti flussi di immigrati irregolari che i governi di sinistra (o ai quali la sinistra ha partecipato) non hanno mai saputo né voluto arginare. Alimentando così un traffico inumano e un business inaccettabile, sostenuto da certe Ong ideologizzate e ben remunerati professionisti dell’accoglienza.

Solo una minima parte dei clandestini merita lo status di rifugiata

Una parte consistente di questi irregolari diventa manodopera per la criminalità organizzata. Altri, certo, per caporali e pseudo-imprenditori senza scrupoli, che li utilizzano per rivedere al ribasso le condizioni sociali e salariali dei lavoratori italiani. Soltanto una minima parte è invece costituita da aventi diritto allo status di rifugiato. Che naturalmente meritano la tutela prevista dalle Convenzioni internazionali. Di fronte a questo dramma quotidiano, è doveroso ristabilire il principio elementare che in Italia si può accedere e permanere soltanto rispettando le nostre leggi. Ma la cosa più distante con la tragedia degli italiani che emigravano per lavorare nelle miniere belghe, è che molti degli immigrati irregolari di oggi, per lo più giovani maschi in età da lavoro, considerano l’accoglienza stessa come un diritto inalienabile.

Paragoni forzati a scopo elettorale

Da cui far discendere presunti diritti molto più materiali. Che costano alle casse dello Stato italiano, per ogni straniero accolto, più di quanto ricevano di pensione molti nostri anziani. Questa è la ragione per la quale ritengo che utilizzare la tragica ricorrenza di Marcinelle per comparazioni forzate e strumentali non sia un modo corretto né di ricordare gli italiani di ieri, né di affrontare il tema degli stranieri di oggi. Di fronte alla tragedia di Marcinelle e di tutti gli italiani che oggi ricordiamo, caduti sul lavoro lontano dalla patria, chiniamo il capo rispettosamente impegnandoci a preservarne la memoria da una certa, interessata, retorica di parte.