Ma i carabinieri ci devono proteggere o ci devono lasciare alla mercè delle baby-gang?

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L’ennesima vicenda delle cosiddette baby-gang che agiscono in Lombardia, e segnatamente a Monza-Brianza, sui treni, ci dà l’occasione per raccontare una storia avvenuta pochi giorni fa proprio nella cintura milanese, in un comune che non nomineremo. Come è noto, le baby-gang sono bande di criminali in erba composte da maghrebini, albanesi, ma anche italiani, in cui ci possono essere anche delle ragazze. E’ l’unico esempio in Italia di perfetta integrazione tra italiani e stranieri: per delinquere. Abbiamo già i nostri criminali, non è necessario che ne importiamo altri dall’estero. In realtà, però, molti sono immigrati di seconda generazione che, non riuscendosi a inserire e non trovando lavoro, si riuniscono in branchi e minacciano, picchiano, rubano, rapinano, spacciano. La loro età varia dai 13 ai 20 anni, e spesso hanno coltelli.

Episodio preoccupante nel Milanese

L’episodio, non grave nelle conseguenze ma gravissimo nelle responsabilità, avviene all’uscita di un pub di questo piccolo paesino del Milanese. Due ragazzi, sui 27-28 anni, lavoratori, perbene, non tossicodipendenti né altro, erano andati a vedere una partita nello stesso pub, tra due squadre delle quali non erano tifosi. Alla fine, uscendo dal pub, si sono trovati circondati da una baby-gang formata da stranieri e da italiani, tutti minorenni. Li hanno prima insultati senza alcun motivo e poi uno dei due ha rimediato un pugno sul naso e l’altro un calcio sulla schiena che lo ha fatto cadere. Poiché il primo ragazzo perdeva sangue, l’altro ha chiamato l’ambulanza, la quale ha passato la chiamata ai carabinieri, come è protocollo fare nei casi di aggressione violenta.

Sia l’ambulanza sia i carabinieri rifiutano di accompagnare l’aggredito a casa

Arriva l’ambulanza, prende in consegna il primo ragazzo, ma nega all’altro la possibilità di andare con loro per via dei regolamenti sul Covid. Arrivano i carabinieri e si fanno spiegare tutto dal ragazzo rimasto, al quale chiedono i documenti, mentre non li chiedono ai componenti della baby-gang. I  militari sostengono di conoscere questa particolare baby-gang, ma di non potere fare niente in quanto minori. E aggiungono anche che uno di loro gira spesso con un coltello, e che quindi sono stati fortunati a essersela cavata così. A questo punto, il ragazzo rimasto chiede ai carabinieri di essere almeno accompagnato a casa, lì vicino, in quanto la banda è sempre lì, e non ha preso certo bene il fatto che siano stati chiamati gli “sbirri”. Sorpresa, i carabinieri si rifiutano per non si sa quale regolamento interno. E se ne vanno.

Ma è possibile che un cittadino si veda rifiutare la protezione?

Poi, per fortuna non è successo niente, perché la baby-gang se ne è andata da una parte e il ragazzo dall’altra. Ma avrebbe potuto succedere il peggio. Ora, la domanda che vogliamo fare ai carabinieri è questa: davvero non potete accompagnare o scortare un cittadino in verosimile pericolo di vita per proteggerlo, oppure magari non vi andava? Secondo, il divieto di far salire qualcuno in auto è stato stabilito dopo i noti fatti di Firenze? Terzo, le forze dell’ordine devono o  non devono proteggere il cittadino onesto che si rivolge e loro per chiedere protezione? Possono lasciarlo dov’è con il concreto pericolo di una seconda aggressione? Perché allora, in questo caso, è inutile chiamare i carabinieri. Se poi non tutelano il diritto di un cittadino di non essere minacciato o aggredito o peggio.

Qualche parlamentare rivolga un’interrogazione su questa vicenda

Insomma, ferma restando la fiducia nelle forze dell’ordine, ci pare che questo episodio sia gravissimo. I due ragazzi non hanno intenzione di dar seguito alla cosa, ma i dubbi rimangono. Ci auguriamo solo che qualche parlamentare di buona volontà rivolga un’interrogazione ai ministri di Interno e Difesa. Per sapere come mai un cittadino sia rimasto in balìa dei loro potenziali aguzzini, per l’inspiegabile rifiuto delle forze dell’ordine di proteggerlo, su sua esplicita richiesta.