Malasanità, donna muore dopo ore al pronto soccorso. Ora i familiari vogliono giustizia

Lei si chiamava Rossana Alessandroni, e aveva 67 anni. Residente al Quarticciolo, e ben voluta da tutti. Improvvisamente, nella tarda mattinata di mercoledì 2 febbraio, purtroppo la signora si è sentita male. Con atroci dolori all’addome e mal di testa. Così e’stata chiamata un’ambulanza, che è arrivata verso le 13. E ha trasportato d’urgenza la paziente al vicino ospedale Vannini. Qui però per la donna è iniziata una vera e propria odissea. Come ha raccontato sua nipote, Irene Coda, in una intervista a Repubblica. Perché nonostante l’evidente sofferenza, Rossana avrebbe aspettato dieci ore su una barella in attesa di una Tac. Prima del responso, disserzione dell’aorta. E della corsa nella notte al policlinico di Tor Vergata. Con una operazione a quel punto disperata, iniziata attorno alle 03.00 della mattina di giovedì 3 febbraio. E conclusa alle 05.00, con la triste telefonata dell’anestesista alla famiglia. E l’annuncio del decesso. Ma adesso i parenti della defunta vogliono vederci chiaro. In attesa della cartella clinica, che potrebbe anche essere acquisita dagli inquirenti, restano i messaggi sul cellulare. Tra dolore e disperazione per la lunga attesa. Che ci testimoniamo come in questa vicenda più di qualcosa sia andato storto.

Al Vannini l’odissea della signora Rossana

“Al Vannini l’hanno tenuta dieci ore su una lettiga in pronto soccorso in attesa di farle una Tac. Mentre lei si contorceva dai dolori. Se fossero intervenuti subito forse mia zia sarebbe ancora viva”. Queste le parole della nipote di Rossana Alessandroni, Irene Coda, riportate da Repubblica. Continua, poi: “I medici hanno fatto di tutto, ma era troppo tardi. Adesso denunceremo l’ospedale Vannini, vogliamo che la magistratura faccia chiarezza e ci aiuti a capire se, come pensiamo, poteva essere salvata”. La 67enne era molto conosciuta nella sua zona, il Quarticciolo e nello specifico in via Manfredonia. E’ qui che l’ambulanza è giunta il 2 febbraio, chiamata a seguito di forti dolori allo stomaco, tali che non riesce neppure a respirare. Prosegue il racconto di Irene: “Mia zia è salita a piedi in ambulanza, poi è stata trasferita in codice rosso al Vannini”, (Tor Pignattara). Passano molte ore prima che i medici sappiano da cosa siano dovuti i dolori, ovvero da una dissezione dell’aorta.

Il dramma e il decesso

“Una volta arrivata in pronto soccorso, mia zia ci scriveva, ci raccontava che sentiva molto dolore. A un certo punto ci ha detto che le avevano somministrato dell’antidolorifico, ma non si decidevano a farle la Tac. È stata in preda ai dolori per dieci ore“. Continua il racconto agghiacciante della nipote: “Solo alle 23 le hanno fatto finalmente la tac. Alle 23.21 ci ha scritto che era ancora in attesa del risultato. Si lamentava. ‘Sono piena di dolori – mi ha detto l’ultima volta che l’ho sentita – non ne posso più, vorrei solo addormentarmi’ “. La tragedia sta per consumarsi. I medici si accorgono finalmente che c’è qualcosa che non va seriamente, così la trasferiscono d’urgenza al policlinico di Tor Vergata. “Alle 2 era ancora al Vannini, poi l’hanno portata a Tor Vergata dove in poco tempo l’hanno operata”. Poi, il dramma: sono le 5 del mattino quando un anestesista chiama la famiglia.

L’ospedale Vannini, fatto tutto il possibile. Ma la famiglia va dal magistrato

“Mia zia è morta sul tavolo operatorio hanno fatto di tutto, ci hanno spiegato che quando hanno aperto l’addome hanno trovato l’emorragia in stato così avanzato che non c’era più nulla da fare”.  “La signora – spiegano al Vannini – ha fatto il percorso Covid che ha allungato i tempi, accusava dei sintomi generici, è stata sottoposta a due tac e poi trasferita a Tor Vergata, l’hub di riferimento per il reparto di cardiochirurgia”. Ma queste parole non bastano ai familiari, che vogliono rivolgersi alla magistratura. “Rossana Alessandroni quando è entrata in ambulanza era vigile, orientata: è entrata in ospedale viva e ce l’hanno ridata morta. Vogliamo giustizia: vogliamo sapere la verità. Perché ci hanno messo così tanto a farle una tac e poi a trasferirla a Tor Vergata? Se avessero agito prima forse mia zia sarebbe ancora viva”.