Marco Mengoni al palazzo dello Sport di Roma per quattro date: lo spettacolo che insegna a non aver paura della fragilità

Marco Mengoni

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Il ritorno di Marco Mengoni al Palazzo dello Sport, a Roma, stasera sabato 8, domenica 9, mercoledì 12 e giovedì 13, non è soltanto una serie di concerti, ma un’esperienza collettiva, un viaggio emotivo costruito con la precisione di un’opera teatrale e l’energia di una grande produzione pop. Chi entra nel palazzetto non trova il solito live pieno di hit e applausi facili: trova una narrazione. Una storia che prende per mano, affonda, smonta e ricostruisce. Una storia che parla di perdite, paure, identità, comunità. E soprattutto, di fragilità.
Mengoni sceglie di farlo con i simboli e le strutture della tragedia greca, perché “anche oggi abbiamo bisogno di riconoscere i nostri fantasmi per superarli”, dice dal palco. Una promessa mantenuta: sullo schermo, nelle luci, persino nel ritmo del concerto, si percepisce un percorso che porta dal crollo alla rinascita.

Non solo canzoni: un kolossal emotivo

La scaletta pesca nei capitoli più importanti della sua carriera, costruita in oltre quindici anni di successi: da “L’essenziale” a “Guerriero”, da “No Stress” a “Pazza Musica”, fino a “Esseri umani”, scelta non a caso come ultimo saluto al pubblico. È un repertorio da 85 dischi di platino che potrebbe già bastare da solo, e invece Mengoni lo utilizza come mezzo per raccontare una storia, non come fine.
Il palco è immenso: tredici musicisti diretti da Giovanni Pallotti e sei performer che intrecciano movimento e racconto. Le scenografie sembrano rovine, macerie interiori ed esteriori. Perché ciò che si sgretola, nella vita come sul palco, può essere ricostruito. E il pubblico lo sa, lo sente, lo vive. Si applaude, si canta, ma spesso si resta anche in silenzio. Un silenzio attentissimo, quasi sospeso, raro in un concerto pop.

Il tema centrale: perdere, accettare, rinascere

Mengoni parla dei suoi fantasmi con sincerità. Il dolore non viene spettacolarizzato, ma condiviso. La perdita della madre, la fatica di sostenere le aspettative, il peso dell’immagine pubblica, la necessità di ripensare se stessi. “La vita è un processo continuo di decostruzione”, dice in uno dei monologhi, “bisogna smontare ciò che eravamo per diventare ciò che possiamo essere”.
Sul palco, questa idea si traduce in sei momenti, come nella tragedia classica: prologo, parodo, episodi, stasimi, esodo e catarsi. La catarsi, però, non è solo la chiusura dello spettacolo. È un invito: trovare bellezza nella fragilità. Non come debolezza, ma come consapevolezza.
Il pubblico non partecipa come spettatore. È coinvolto come comunità. E questo, nel 2025, in una società che spinge alla competizione e al giudizio, è un atto profondamente politico.

Il messaggio sociale: non siamo soli

A metà concerto, Mengoni si rivolge direttamente alla platea: “L’egoismo distrugge la nostra idea di società. Guardarci come nemici ci rende diffidenti, ci isola. E se non partecipiamo alla vita comune, come possiamo pretendere che qualcosa cambi?”
Parole che arrivano piene, senza retorica. Parole che aprono un passaggio di responsabilità condivisa: dal voto alla partecipazione civile, dalla cura delle relazioni alla gentilezza quotidiana. La fragilità qui non è confessione privata, ma occasione pubblica. Riconoscerla significa ricucire comunità logorate.

Perché questo concerto è importante

In un’epoca in cui la musica viene spesso consumata in fretta, questo spettacolo chiede tempo, attenzione, presenza. Non si esce cantando soltanto. Si esce pensando. E forse piangendo. Ma di quelle lacrime che alleggeriscono, che chiariscono, che fanno spazio.
Marco Mengoni non offre un’ora e mezza di intrattenimento. Offre un varco. Una pausa necessaria. Un modo per ricordare che essere umani è difficile, ma non è un atto da compiere in solitudine.

Informazioni utili

Palazzo dello Sport, Piazzale Pier Luigi Nervi 1. Biglietti disponibili su Ticketone a partire da 57 euro. Inizio spettacolo ore 21.