Marco Travaglio fa a pezzi i tifosi di Cospito anti 41bis

Marco Travaglio

Diciamo che Marco Travaglio – che sa scrivere – molto spesso sta esattamente dall’altra parte del mondo rispetto a noi. Non sempre però, e vale la pena di riproporre che cosa ha detto a proposito del caso Cospito, che vede mobilitato il fior fiore degli anarchici di casa nostra.

Perché c’è anche chi vuole ragionare attorno alle cose che succedono e in questo caso Marco Travaglio è stato oggettivamente bravo.

Cospito e le parole di Marco Travaglio

Le sue parole sono su Tik tok, da sottoscrivere – su Cospito – una per una: “Non è che i magistrati lo devono accontentare a tutti i costi, perché fa lo sciopero della fame”. Altrimenti potrebbero cominciarlo anche i boss mafiosi al 41bis. Basta ascoltare il video dal tweet di Giorgio La Porta.

“Ci mancherebbe che lo Stato cedesse adesso perché c’è uno che fa lo sciopero della fame”, ha detto in faccia all’ex guardasigilli Andrea Orlando.

Cospito “non sta male perché lo torturano, sta male perché rifiuta il cibo”. E ha detto che lui continuerebbe a digiunare anche se gli togliessero il 41bis, “perché lo vuole abolito per tutti”.

“Non dobbiamo farne un martire”, è lo slogan usato dagli ipocriti, dice ancora Travaglio, con un esempio eloquente: “E se lo comincia Messina Denaro, vale anche per lui il non farne un martire?”.

E se fa lo sciopero della fame pure Messina Denaro?

Parole assolutamente chiare, che possono stupire solo quelli che rifiutano di pensare che chi è pericoloso non può commuovere lo Stato.

Ed è davvero significativo, aggiungiamo noi, che si siano sentite pochissime voci parlamentari – anzi a sinistra proprio nessuna – che abbiano espresso plauso alla Cassazione che ha confermato quel regime di detenzione per Cospito. Se è pericoloso dove va messo? In un giardino pubblico?

Ecco, vorremmo che ci fosse capacità di ragionare e non solo dover ascoltare le urla minacciose degli anarchici e dei loro protettori occulti. La magistratura ha deciso e cessi questa commedia ricattatoria. Curando il detenuto malato, ma senza cedere alle sue pretese.