Maricetta Tirrito, in arrivo la sentenza per l’ex “paladina della giustizia”: i giudici decideranno per la “casa degli orrori”

Maricetta Tirrito, a breve la sentenza

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Ormai manca poco: il 10 febbraio, dopo 9 mesi di dibattimenti processuali, i giudici stabiliranno se Maricetta Tirrito, che si autoproclamava “paladina della giustizia”, nascondeva in realtà una doppia vita. Quella che la vede imputata con accuse gravissime: abbandono di persone incapaciesercizio abusivo della professione medica e falsificazione di documenti, oltre a quella di omicidio colposo.

Al centro del processo, iniziato il 3 maggio 2024, la morte sospetta di Luigi Bonomo, un uomo di 72 anni. I fari sono puntati non solo sul decesso dell’anziano, ma anche sul periodo del suo “ricovero” nella struttura di via Isernia ad Ardea, quella che doveva essere una co-housing ma che, a tutti gli effetti, funzionava come una RSA, visto che vi soggiornavano una quindicina di anziani, tra cui persone non autosufficienti e bisognose di cure mediche e assistenza continua.

La sentenza a Frosinone

Il 4 febbraio ci sarà l’ultimo dibattimento, quella in cui il giudice ascolterà, dopo aver sentito tutti i testimoni dell’accusa e della difesa, gli avvocati delle parti. Ma il giorno atteso da tutti è il 10 febbraio. Sarà lunedì mattina, alle 9:00, ora fissata per l’udienza finale, la data più importante. Quella che stabilirà se Maricetta Tirrito è colpevole o no rispetto alle pesanti accuse presentate dal PM Ambrogio Cassiani, a seguito delle indagini svolte dalla polizia di Anzio, grazie anche alla collaborazione dei NAS, della polizia locale di Ardea e dei servizi sociali di Ardea. Le indagini hanno portato alla luce una realtà inquietante all’interno della struttura gestita dalla Tirrito, soprannominata la “Casa degli Orrori”.

Nella struttura, da quanto hanno raccontato gli stessi anziani e alcuni loro parenti e amici, gli ospiti vivevano in condizioni deplorevoli, privati delle cure necessarie e sottoposti a maltrattamenti. Le autorità hanno scoperto che gli anziani erano malnutrititrascurati e isolati, senza possibilità di comunicare con l’esterno.

Il caso di Luigi Bonomo

Uno degli episodi più emblematici riguarda Luigi Bonomo, un anziano senza familiari stretti, che dopo la perdita della moglie era entrato nella struttura. Durante la sua permanenza, i vicini di casa hanno notato movimenti sospetti nella sua abitazione e l’impossibilità di contattarlo. Le indagini hanno rivelato che Bonomo sarebbe stato privato dei suoi beni e lasciato in condizioni di grave abbandono, portandolo al decesso poco dopo il ricovero in ospedale. E c’è di più: un presunto lascito della casa da parte di Bonomo a Fabio Corbo, giovane compagno della Tirrito. Quest’ultimo, insieme alla 51enne Maricetta, avrebbe esercitato un controllo non solo sulla casa di Luigi Bonomo, ma anche al suo conto corrente.

La testimonianza di Gigliola Iannuzzi

In Tribunale ha testimoniato, tra gli altri, una delle ospiti della struttura, Gigliola Iannuzzi. La donna figura tra le vittime. L’anziana ha raccontato che viveva in condizioni disumane all’interno della villetta. Le indagini hanno evidenziato che anche lei era stata privata dei suoi beni e delle cure necessarie, subendo maltrattamenti e abusi. Qui la sua testimonianza.

Sottrazione dei beni agli anziani

Le indagini hanno svelato un sistema ben organizzato per sfruttare economicamente gli anziani ospiti. Attraverso la circonvenzione di incapaci, gli operatori della struttura sarebbero riusciti a ottenere la gestione dei patrimoni degli anziani, appropriandosi indebitamente di denaro, proprietà e altri beni. Adesso il verdetto stabilirà se quanto affermato dagli inquirenti e dai testimoni dell’accusa corrisponde al vero: Maricetta Tirrito è in carcere dal dicembre del 2023. I suoi tentativi, attraverso i vari avvocati che si sono succeduti in questi quasi 14 mesi, di ottenere gli arresti domiciliari non sono serviti.

L’unica cosa ottenuta è stata quella di cambiare struttura penitenziaria: da Rebibbia è passata a Civitavecchia, per poi essere trasferita a Teramo. Le richieste erano motivate dal fatto che, secondo i legali, la detenuta era oggetto di minacce e temeva ritorsioni.