Ma Draghi non può giocare a fare il martire dei partiti

Draghi martire

La può girare come vuole, ma Mario Draghi non può atteggiarsi a martire. In queste ore i suoi bravi lo descrivono come affranto, deluso, stizzito per le critiche che ha ricevuto, come se in politica – e addirittura in democrazia – fosse lesa maestà. E invece anche a lui tocca sopportare.

Questo perché i partiti esistono anche se lui è convinto – o glielo mettono in testa – che siano loro i promotori del disegno premiericida. Per cui, il rovello di san Mario Draghi martire è capire come sfuggire alla morsa che gli precluderebbe l‘agognatissimo accesso al Quirinale per i prossimi sette anni.

Se vuole il Colle Draghi non faccia il martire

Bisogna solo fargli capire che i partiti esistono e questo è un bene per la democrazia. Senza i partiti ci sarebbe una dittatura e oggettivamente il presidente del Consiglio non può pensare di farli fuori e magari con il loro consenso suicida.

Quello che stupisce è il numero di “nemici” che progressivamente Draghi sta riuscendo a mettere contro di sé. Era partito alla grande con l’incarico affidatogli da Sergio Mattarella dopo la fine rovinosa del secondo governo di Giuseppe Conte e con un vastissimo consenso parlamentare. Se ora monta il dissenso, è lui che deve chiedersi perché senza scaricare le colpe proprio sui partiti. Che sono serviti per il sì al suo governo e che ora non possono essere demonizzati.

È sbagliato sottovalutare le forze politiche

Il premier non può affatto sottovalutare che proprio le forze politiche – chi per convinzione chi per convenienza – gli hanno lasciato fare tutto quello che voleva. Ma non si può negare che si respiri aria di caos in questo momento.

Persino sulla legge di bilancio Draghi ha imposto il silenzio con trattative sottotraccia a Palazzo Chigi mentre in Parlamento non si poteva fiatare come hanno testimoniato le scarse sedute d’aula tra Camera e Senato, con il “pacchetto” tutto da approvare a scatola chiusa e a colpi di fiducia. Non è stata una pagina esemplare.

In sostanza Draghi ha polverizzato un capitale di fiducia, e adesso non può certo pensare di andare al Colle scegliendo magari persino il successore da votare alla guida del governo senza discutere.

Modifichi almeno la sua comunicazione. Perché non tutti sono disponibili ad assecondarlo quando dice che a Palazzo Chigi ci resta “solo alle mie condizioni”. Complicato, diciamo….