Massimo Zen andrà in galera per aver cercato di fermare i banditi. La colpa della guardia giurata? Non essersi girato dall’altra parte

Fa rabbrividire la vicenda giudiziaria di Massimo Zen, la guardia giurata di 52 anni di Cittadella, che il 22 aprile del 2017 uccise un bandito in fuga dopo aver assalito una banca coi suoi complici. Una banda di incalliti criminali, che aveva già fatto esplodere diversi bancomat nel Padovano.
Massimo Zen ebbe solo la colpa di essere nel posto “giusto” al momento “giusto” per intercettare i malviventi. Nei polizieschi americani Zen sarebbe l’eroe, premiato con una medaglia e un encomio dal sindaco in diretta sulla tv cittadina. Il “ranger” mise l’auto di traverso in mezzo alla strada e quando i banditi in fuga, che quella notte avevano appena finito svaligiare la terza banca, puntarono verso di lui, fece fuoco per tre volte: uno dei proiettili raggiunse il 36enne giostraio Manuel Major, che era alla guida di una delle auto dei malviventi.

Massimo Zen, una vicenda incredibile
Nel film italiano, il protagonista ha passato i guai dell’inferno. Nessun encomio, licenziato dalla società di vigilanza per la quale lavorava. Sotto processo per ben 6 anni. Le travagliate vicende giudiziarie sono andate avanti fino in Cassazione. I giudici della Suprema Corte hanno emesso nei giorni scorsi la sentenza definitiva di condanna; 9 anni 8 mesi. E pensare che anche la Procura generale aveva chiesto l’annullamento perché “l’evento si sviluppò nel contesto di una attività lecita, seppur rischiosa, che aveva determinato una situazione che imponeva una reazione”.
Ora, Massimo Zen attende solo che i carabinieri vengano a prenderlo per portarlo in carcere a scontare la condanna. L’ormai ex guarda giurata, che da un anno e mezzo è anche disoccupato, a precisa domanda dei giornalisti: “Se ricapitasse, lo rifarebbe?” ha risposto senza indugio: “No, considerando le leggi che ci sono in Italia, mi girerei dall’altra parte”.
Qualcuno può dargli torto? In Italia, vince chi si gira dall’altra parte. Chi vuole fare il suo dovere è considerato un piantagrane, un rompiballe.
Il caso del ranger padovano è clamoroso, ma allo stesso tempo emblematico. Un’amarissima verità alla quale vorremmo dire di no. Ma, per ora, e chissà per quanto tempo, in Italia funziona così: viene premiato chi si gira dall’altra parte.