Maxi impianto fotovoltaico tra la discarica di Malagrotta e l’aeroporto di Fiumicino: ‘No’ dei cittadini

Roma, il rendering del progetto, che dovrebbe sorgere tra la discarica di Malagrotta e l'aeroporto di Fiumicino

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Un nuovo grande progetto per la costruzione di maxi impianto fotovoltaico su larga scala che dovrebbe sorgere tra la discarica di Malagrotta e l’aeroporto di Fiumicino sta animando il dibattito tra istituzioni e cittadini. L’area individuata, situata a Castel Malnome, borgo agricolo dell’Agro Romano, è al centro di un acceso confronto per le possibili ripercussioni sull’ambiente, sulla biodiversità e sul paesaggio. La comunità locale, supportata da studi tecnici e giuridici, si oppone fermamente, mettendo in evidenza l’incompatibilità dell’intervento con la natura del territorio.

Un maxi impianto fotovoltaico tra la discarica, aeroporto di Fiumicino e centro Ama

L’impianto proposto si inserisce in un territorio già densamente interessato da installazioni per la produzione di energia rinnovabile. In un raggio di tre chilometri, infatti, esistono numerosi impianti simili, una situazione che i cittadini definiscono “insostenibile”. Castel Malnome è caratterizzato da un paesaggio agricolo e naturale, recentemente recuperato dopo decenni di attività estrattive, e rientra nell’Area Important Bird Area (IBA) 117 del Litorale Romano, zona di rilevanza internazionale per la protezione dell’avifauna.

La superficie interessata dal progetto ricade anche in aree classificate come “Paesaggio Agrario di Valore” secondo il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) del Lazio, che vieta la realizzazione di grandi impianti fotovoltaici in questi contesti. Inoltre, il Piano Regolatore Generale (PRG) del Comune di Roma include l’area nel Parco Agricolo Arrone-Galeria, una zona destinata alla tutela e valorizzazione delle attività agricole e naturalistiche.

Impatto sull’ambiente e sulla biodiversità

Tra i principali punti critici, gli oppositori evidenziano la perdita e la frammentazione degli habitat naturali, con gravi conseguenze sulla biodiversità. L’area è habitat di specie protette, tra cui il falco pellegrino, che nidifica da anni in una struttura adiacente al sito previsto per l’impianto. La sottrazione di terreni agricoli e naturali rischia di compromettere le risorse alimentari per questa e altre specie, aumentando il rischio di estinzione.

Nonostante la rilevanza dell’area per la fauna e le migrazioni, il progetto non affronta in modo adeguato le implicazioni per la conservazione delle specie e degli habitat protetti dalla Direttiva Uccelli e dalla Rete Natura 2000. Questo approccio, secondo gli osservatori, rappresenta una violazione delle normative comunitarie e nazionali.

Il peso delle norme urbanistiche e paesaggistiche

L’opposizione al progetto si basa anche su solide considerazioni normative. Secondo il PTPR e altre regolamentazioni, le aree agricole e naturali di Castel Malnome non possono ospitare impianti di queste dimensioni. L’area, inoltre, è inclusa in una proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, che impone ulteriori vincoli per la protezione del paesaggio e del patrimonio culturale.

Le normative urbanistiche comunali rafforzano questa posizione, definendo l’area come destinata alla valorizzazione agricola e ambientale. La realizzazione dell’impianto risulterebbe quindi in netto contrasto con gli obiettivi di tutela previsti per il territorio.

Un territorio sotto pressione

La Valle Galeria, dove si colloca Castel Malnome, è una delle aree più sfruttate per la produzione di energia rinnovabile nel Lazio. Gli impianti esistenti, uniti a quelli in fase di autorizzazione, stanno trasformando radicalmente il paesaggio e l’ecosistema locale. I cittadini sottolineano che la pianificazione non tiene conto della capacità di carico ambientale dell’area e dei danni irreversibili che si stanno accumulando.

Conclusioni e azioni future

La comunità locale, supportata da associazioni ambientaliste e studi tecnici, ha già presentato una petizione al Parlamento Europeo e intende continuare la propria battaglia durante la Conferenza dei Servizi, dove esporrà ulteriori osservazioni. La richiesta è chiara: bloccare il progetto e valutare l’“Opzione Zero”, ovvero la non realizzazione dell’impianto, per salvaguardare un territorio di inestimabile valore naturalistico e culturale. In gioco non c’è solo il futuro di Castel Malnome, ma anche il modello di sviluppo che si vuole perseguire per il territorio romano, diviso tra sostenibilità energetica e tutela del patrimonio naturale.