Medici di base contro la Regione, così ci infettiamo tutti

È scontro tra i medici di base e la Regione Lazio. Per il modo con il quale da via Cristoforo Colombo hanno voluto gestire l’emergenza covid 19. Il Governo già dalla prima ondata di pandemia ha infatti disposto la creazione delle Usca, le unità adibite alla continuità assistenziale. Con una prescrizione molto precisa. Dividere chi deve seguire i malati covid in isolamento domiciliare da tutte le altre forme di assistenza. Il motivo è chiaro, e anche per chi non è medico non servono molte spiegazioni. Si tratta infatti di impedire che i medici di base si infettino, e che possano trasmettere il coronavirus agli altri pazienti. Perché ovviamente esistono ancora tutte le altre patologie, per le quali solitamente si va dal dottore. O dal pediatra per il proprio figlio. E sarebbe bene farlo nella massima sicurezza possibile. La Regione Lazio però ha creato a sua volta le Usacr, le unità assistenziali regionali. Prendendo il coinvolgimento volontario di circa 150 medici di base del territorio. Che in maniera molto generosa hanno risposto all’appello. Il TAR però già da metà novembre ha bloccato tutto, e adesso esplode la polemica. Così sia il presidente dell’Ordine dei Medici Antonio Magi che il numero uno della Fimg (Federazione nazionale medici di medicina generale ndr) Bartoletti si sono fatti sentire. Chiedendo regole chiare e uguali per tutti.

I medici di base del Lazio dovrebbero seguire anche i pazienti covid. Ma il TAR dice no

La Regione Lazio avrebbe voluto coinvolgere anche i medici di base e i pediatri nella gestione domiciliare dei pazienti covid meno gravi. Quelli che non necessitano di ricovero, o che sono già tornati a casa. Ma è arrivata la bocciatura del TAR, con due sentenze di cui la prima pubblicata il 24 novembre. Niente commistioni, per andare a casa dei pazienti covid in isolamento fiduciario o in quarantena devono pensarci infermieri, dottori e specialisti delle Usca. Le Unità speciali di continuità assistenziale previste dal Governo. Che devono essere istituite in tutte le Regioni. Anche il Lazio se ne è dotato, certo. Ma coinvolgendo all’interno i medici di base. Un errore grave, che rischia di mettere in pericolo tutti. E di non garantire i livelli minimi di assistenza previsti.

La protesta dell’Ordine e della Fimg

Non per voler venir meno al compito dei medici territoriali e dell’assistenza dovuta ai pazienti – commenta Antonio Palma, segretario del Cipe Lazio – ma sul territorio ci sono sia i pazienti Covid che i non Covid e nessuno deve essere lasciato solo ma il sistema va organizzato». Nella sentenza, pubblicata lo scorso 24 novembre, i giudici della sezione Terza quater presieduti da Riccardo Savoia scrivono: «Le Usca, così come previste dal legislatore nazionale, rappresentano le figure centrali ed esclusive della gestione dei pazienti Covid non ricoverati in ospedale consentendo ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta di continuare a lavorare in piena sicurezza, gestendo soltanto i pazienti non Covid, tenendosi lontani dal rischio epidemiologico derivante dalla gestione di pazienti con possibile promiscuità e sovrapposizione di patologie».

E anche i vertici dell’Ordine dei Medici e della Fimg hanno detto la loro. «In questo momento nonostante le pronunce del Tar – spiega il presidente dell’Ordine dei medici di Roma, Antonio Magi – il medico o il pediatra deve visitare tutti coloro che lo richiedano. Perché è un obbligo deontologico occuparsi del malato. Ma è chiaro che il sistema va corretto alla luce di due sentenze chiare», contro cui comunque la Regione ha presentato ricorso al Consiglio di Stato. Per il segretario della Fimmg Pier Luigi Bartoletti nonché promotore stesso delle Uscar «i medici devono pensare a fare i medici». La partita è ancora aperta.

https://www.ilmessaggero.it/roma/news/covid_medici_base_cure_malati_roma-5615716.html