Meno di 24 ore alle primarie Pd: il partito mobilitato ovunque per evitare l’ennesimo flop

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Meno di 24 ore alle primarie Pd. Domenica 26 febbraio infatti, dalle 8 alle 20, gazebo in tutta Italia per eleggere il nuovo segretario dem. La scelta è tra Stefano Bonaccini ed Elly Schlein, che nei giorni scorsi hanno anche fissato l’asticella sulla partecipazione al voto democratico. La “soglia psicologica” sarebbe di almeno un milione di persone. Ma sono diverse le previsioni nel partito: c’è infatti chi teme il flop e chi scommette che non sarà difficile superare il milione facendo un paragone con l’ultimo congresso nel 2019, quando votarono circa 190mila iscritti nei congressi di circolo e furono 1 milione e 600mila i partecipanti. Intanto il segretario uscente Enrico Letta si prepara all’addio. “Da lunedì continuerò la mia vita normale, come ho sempre fatto”, le parole del dem lasciando ieri l’ambasciata ucraina.

Letta saluta e non si sbilancia

“Domenica si eleggerà il mio successore o la mia successora e ho voluto compiere questo mio ultimo gesto da segretario del Pd per testimoniare la coerenza della nostra linea”, ha il segretario, che però sulle primarie non si è voluto sbilanciare. Certamente uno sforzo organizzativo notevole. Di certo un impegno economico rilevante che comunque garantirà solidi incassi e, forse, una forma alternativa di finanziamento della politica. Perché le primarie hanno anche un risvolto economico. Non così scontato. I gazebo potrebbero essere facilmente liquidati come un business, un modo per portare qualche euro in più nelle asfittiche casse dei partiti. Ma hanno anche dei costi che rendono sempre complesso individuare il saldo dell’operazione, anche se ovviamente il segno alla fine è positivo.

Grossi incassi per le primarie del passato

Da giorni si parla della dell’affluenza per il voto di domenica prossima. La soglia per parlare di un successo, come detto, viene ormai fissata a un milione di partecipanti. Ogni votante, secondo regolamento, versa 2 euro (tranne gli iscritti). Quindi, almeno 2 milioni di euro di incasso per i dem. Numeri tutti da verificare perché chi partecipa potrebbe offrire anche di più. Per non parlare del fatto se ci fosse un boom di votanti crescerebbero anche gli incassi. In assenza di dati ufficiali (non esiste un bilancio delle primarie), si può fare riferimento a qualche esperienza del passato. Nel 2013, l’avvio dell’era Renzi, l’allora tesoriere Francesco Bonifazi parlò di un incasso di circa 4,6 milioni di euro. Ai gazebo del centrosinistra del 2012 (Bersani-Renzi) il tesoriere Antonio Misiani parlò di una “stima realistica di 8 milioni” versati.

I dati delle più recenti primarie dem

Si parla di un altro ordine di grandezza perché allora ci fu un doppio turno, con affluenza intorno ai 3 milioni per ogni volta. Ma le primarie non hanno solo il segno + davanti. I gazebo hanno un costo, benché la macchina organizzativa conti sempre su un numero rilevante di volontari (20mila in campo domenica distribuiti nei 5.500 seggi). Tornando ancora alle primarie di Renzi, il costo fu di circa 1 milione di euro. Sempre Bonifazi sottolineò che i paganti furono 2 milioni 300mila su 2 milioni 800mila votanti assoluti. I costi per le primarie del centrosinistra del 2012 furono di circa 1,5 milioni ma “il dato non tiene conto dell’attività locali”, sottolineò il tesoriere. In quel caso, poi, costi e benefici andavano spalmati su tutta la coalizione.

Soldi e polemiche negli anni scorsi

Il punto è che secondo lo Statuto dem le primarie non sono un affare esclusivo del Nazareno. Il contributo economico dei votanti va girato, in gran parte, ai livelli locali del partito in tutta Italia. Da questo punto di vista il bilancio più amaro lo fece l’allora tesoriere Mauro Agostini ai tempi delle prime primarie. A quei tempi (2007, Veltroni segretario) l’affluenza non era certo un problema: 3.554.169 votanti, numero mai più superato. L’incasso fu di circa 4 milioni. Ma il comitato organizzatore alla fine calcolò che anche le spese per quelle primarie furono sui 3mln. Morale, alla sede del Pd rimase circa il 10% del totale, tra i 400mila e i 500mila euro. Anche sui soldi non sono mancate le polemiche. Nel 2017 (siamo al bis di Renzi) a far discutere fu l’obolo di 4 euro anziché di 2 euro chiesto per il voto telematico.