“Miracolo” al San Camillo: quattro gemelli nati prematuri salvati grazie a un team da applausi

Roma, notte del 23 gennaio. Tra l’ansia (della mamma) e l’efficienza (di medici, infermieri e ostetriche), quattro neonati prematuri hanno visto la luce al San Camillo Forlanini. Non uno, non due, ma quattro gemelli, venuti al mondo alla 28ª settimana di gravidanza, con un peso che sfiorava appena il chilo. Un evento raro — accade in circa un caso su 800.000 — e una sfida clinica enorme che i medici hanno affrontato con una sola arma: il lavoro di squadra.
La madre ignara di aspettare quattro figli
La protagonista di questa storia è una giovane donna di 24 anni, arrivata in Italia dalla Macedonia alla 22ª settimana. Non sapeva essere incita di ben quattro bambini. Aveva effettuato un trattamento di induzione dell’ovulazione nel suo Paese, ma senza che venisse verificato il numero di embrioni impiantati. Solo al suo arrivo al San Camillo ha scoperto di essere incinta di quattro gemelli.

Da lì in poi, il tempo ha cominciato a scorrere al contrario. Ricoverata per dolori pelvici, è stata subito affidata a un’équipe che ha messo in campo ogni strumento della medicina moderna: terapie preventive, monitoraggi quotidiani, profilassi cortisonica per la maturazione dei polmoni dei feti, neuroprotezione con solfato di magnesio.
Ma le condizioni della madre peggioravano rapidamente: anemia, colestasi gravidica, infezioni urinarie e minaccia di parto prematuro. E alla fine, alle 21:55 del 23 gennaio, la rottura delle membrane ha reso inevitabile un cesareo d’urgenza.
Quattro cuori minuscoli e una squadra di 16 professionisti
I piccoli — tre maschietti e una femmina, tra 978 e 1165 grammi — sono stati accolti da un team di 16 tra medici e infermieri della Terapia Intensiva Neonatale. Ogni incubatrice aveva già il suo gruppo operativo pronto ad agire. Tutto era stato organizzato al dettaglio dalla Coordinatrice Ostetrica Elisabetta Campagna, insieme alla Dirigente Stefania Nichinonni e alle neonatologhe Mazzarella, Marcozzi e Ottaviano.
Un ruolo decisivo l’ha avuto l’Unità Operativa Complessa di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale, diretta dal Dott. Luca Maggio. In reparto, gli infermieri guidati da Raffaele Guarracino e i neonatologi sono intervenuti con tempestività, esperienza e una dose infinita di sangue freddo.
50 giorni di cure e di amore
Il San Camillo, che è un punto nascita di II livello, era pronto ad affrontare una sfida simile, ma nessuno dimenticherà quanto è successo in quei cinquanta giorni di ricovero. I neonati sono stati assistiti con ventilazione, alimenti endovenosi, cura termica e tanto latte materno appena disponibile. Nessuno ha avuto infezioni, problemi neurologici o ha avuto bisogno di trasfusioni.
Poco più di un mese e mezzo dopo, tutti e quattro sono tornati a casa, sani. E con loro anche la mamma, che non ha mai smesso di lottare. “Un risultato del genere è possibile solo grazie alla sinergia tra professionisti, alla rapidità nelle decisioni e alla dedizione assoluta”, ha dichiarato la Prof.ssa Maria Giovanna Salerno, direttrice del Dipartimento Salute Donna Bambino.
