Moffa: “Basta depotenziare gli ospedali nel Lazio. Il nuovo governatore inverta la rotta”

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Mancano pochi mesi al rinnovo del Consiglio regionale del Lazio e si lavora per individuare nomi e volti. Ma i problemi, come quelli legati alla sanità, restano in attesa di soluzione. Silvano Moffa , ex presidente della Provincia di Roma, già sottosegretario e parlamentare di Alleanza nazionale, alla luce di una situazione fortemente critica, fa il punto sui problemi che ancora persistono nel Lazio. Con l’aiuto di numeri e dati, punta l’accento sugli aspetti più significativi della complessa questione. “Il Lazio – dice – è uscito dal commissariamento è questo è certo un dato positivo. Ma non si può non rilevare chi ha fatto e continua a fare le spese di una condizione drammatica. Soprattutto la sanità pubblica e le aree interne. Penso – sottolinea Moffa – al depotenziamento di ospedali come Colleferro, Anagni, Alatri e Subiaco.

Dal 2011 nel Lazio cancellati ben 16 ospedali

Nel 2011 il Lazio poteva contare su 72 strutture che nel 2017 si sono ridotte a 56, 16 in meno. Sempre nel 2011 c’erano 46 ospedali a gestione diretta, sono 33 nel 2017. Si è smantellato il pubblico e favorito il settore privato, un passaggio che ha pagato e paga il cittadino perché una quota consistente del denaro pubblico è andato ad alimentare il privato. Vorrei ricordare come la Francia e la Germania che hanno scelto la strada dell’integrazione pubblico-privato e non la sostituzione, vivano una condizione molto diversa. Un modello che produce la riduzione della spesa individuale. Noi invece abbiamo aumentato la spesa e le liste di attesa. Negli ultimi 9 anni sono stati sottratti alla sanità 37 miliardi di euro con conseguente diminuzione di 25 mila posti letto. Nel 2016 il 30 per cento dei posti letto disponibili erano in strutture private accreditate”.

Moffa: l’ideale sarebbe un’integrazione pubblico-privato

L’ex presidente della provincia di Roma tiene a evidenziare che la legge nazionale stabilisce il 3,7 posti letto per ogni 1.000 abitanti, di cui lo 0,7 per le attività di riabilitazione e lungodegenza. “Di fatto nel Lazio i posti letti raggiungono solo, il 2,9 per 1.000 abitanti”. Nella sua regione sarebbe sensibilmente diminuito il personale sia medico che paramedico, una condizione che certo non favorisce il diritto alla salute dei cittadini. “Disponiamo di sale operatorie ma mancano chirurghi e anestesisti. C’è una situazione davvero molto pesante”. “Noi – aggiunge – dovremmo intraprendere la strada della compartecipazione tra pubblico e privato, fuori dalle ideologie. Tenendo conto solo delle esigenze e richieste dei cittadini, dovremmo quindi considerare prioritaria l’efficienza gestionale.

Rafforzare le risorse destinate al settore pubblico senza chiudere le porte al privato

Abbiamo eccellenze ma manca una politica capace di trarre da questo il maggior vantaggio. E poi si dovrebbe rafforzare e potenziare la medicina di base. In Italia i medici di famiglia sono diminuiti del 7 per cento e la percezione più diffusa è che il medico di famiglia e quello ospedaliero vivano in due mondi distanti e distinti. E’ necessario considerare i dati oggettivi, dal commissariamento siamo usciti ma con una situazione che mostra non poche crepe. Noi vorremmo invertire l’attuale tendenza, rafforzare le risorse destinate al settore pubblico senza chiudere le porte al privato.

Moffa: La sanità poi non è l’unica spina…

Ma non si deve mai dimenticare che l’obiettivo da centrare è quello di garantire l’assistenza a tutti, senza corsie preferenziali. Perciò vanno individuate le azioni e le scelte in grado di produrre questo risultato”, conclude Moffa. Che rimarca che la “questione sanità” deve essere “affrontata al più presto se si vogliono evitare ulteriori problemi che saranno sempre più complicati da risolvere. E specialmente se si considera che la sanità non è l’unica “spina”. Ci sono i rifiuti, i trasporti, le piccole e medie imprese…. “.