Morto Nicola Pietrangeli, il “gentiluomo del tennis”: Roma saluta la sua leggenda

Nicola Pietrangeli

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Morto Nicola Pietrangeli, leggenda del tennis italiano. Pietrangeli aveva 92 anni ed era malato da tempo. Pietrangeli è stato il primo italiano a vincere uno Slam nel 1959 al Roland Garros e, da quel momento, è entrato nel cuore di tutti i tifosi.

Il campione che ha attraversato generazioni

Nato a Tunisi, ma romano d’adozione, era amatissimo dai romani. E a Roma, si sa, ci sono personaggi che sembrano eterni. Volti che incontri nei circoli sportivi, nei bar storici, lungo il Lungotevere, e ti sembra che siano sempre stati lì, a raccontare un pezzo della città. Nicola Pietrangeli era uno di questi: elegante senza sforzo, ironico quanto basta, con quella naturalezza da romano d’adozione che conquistava anche chi del tennis non sapeva nulla. Ora che non c’è più, resta un vuoto che chiude un’epoca.

Lo chiamavano «er Francia». Non era un soprannome qualsiasi, ma il marchio di un bambino arrivato dalla Tunisia che parlava francese. Chissà se immaginava, tirando i primi colpi con le racchette di legno, che un giorno avrebbe vinto quattro volte a Parigi e che Roma gli avrebbe dedicato un intero stadio quando era ancora in vita: il Campo Pietrangeli, tempio del tennis internazionale al Foro Italico. Un onore riservato ai miti veri.

Un’icona dentro e fuori dal campo

Quel campo, scenografico e unico al mondo, è diventato casa sua. Chi passava dagli Internazionali d’Italia, o anche fuori stagione, aveva buone probabilità di trovarlo al Bar del Tennis, appoggiato al bancone, a osservare i «vecchietti» che giocavano sotto di lui. Era il suo modo di non staccarsi mai dal mondo che aveva contribuito a costruire.

Da ragazzino, al circolo Belle Arti, si scommetteva una Coca Cola per ogni partita. Poco cambiava, anche da adulto: sempre competitivo, sempre curioso, sempre pronto alla battuta. Nel 1957 arrivò il primo trionfo agli Internazionali; il secondo, nel 1961, lo festeggiò a Torino per celebrare il centenario dell’Unità d’Italia.

A Roma, invece, allo Stadio Olimpico entrò solo da tifoso. Laziale convinto, ci vide l’oro di Livio Berruti ai 200 metri dell’Olimpiade del 1960. E fu proprio lì che capì cosa significasse davvero indossare l’azzurro: strappò un contratto da professionista da cinquemila dollari pur di non rinunciare alla Coppa Davis, la sua vera ossessione sportiva.

Aneddoti, serate romane e il mito che non tramonta

Prima che il tennis lo portasse in giro per il mondo, Pietrangeli ha vissuto per tredici anni in via delle Carrozze, tra piazza di Spagna e Trinità dei Monti. Sempre in mezzo alla gente, sempre in mezzo alla Roma che contava. Tra un cappuccino al Gran Caffè Esperia e una serata mondana in centro, ha attraversato il jet set come un habitué: attori, politici, star dello spettacolo. Tutti volevano un pezzo del suo racconto.

E poi i circoli storici sul Lungotevere. In particolare il Canottieri Roma, che negli anni gli ha dedicato serate su serate, tra foto sbiadite, coppe, aneddoti e racconti dell’impresa più iconica: la Coppa Davis del 1976, conquistata in casa di Pinochet, contro tutto e contro tutti. Una pagina che nessuno ha mai smesso di celebrare.

L’ultimo desiderio

Nicola Pietrangeli aveva un desiderio chiaro: volere il suo funerale nello stadio che porta il suo nome. Un luogo che racconta ciò che è stato più di qualsiasi statua o targa. Un desiderio semplice, diretto, da uomo che ha vissuto senza pose. E ora, finalmente, potrà essere esaudito. Roma saluta così un pezzo della sua storia sportiva e culturale. Un uomo che il tempo non era riuscito a scalfire. Una leggenda che resterà, appunto, un ricordo scolpito nella pietra del Foro Italico.