Napoli, gli squadristi intolleranti delle Ong interrompono la libera proiezione di un film

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“Le Ong interrompono e bloccano la proiezione del film di Severgnini” sulla tratta dei migranti in Libia. Ciò dimostra che “anche nella solidarietà si innesca il discorso del profitto, ed è la fine. Penso che tutta questa vicenda, così come il caso Soumahoro, sia sostanzialmente il vero danno per gli immigrati. Nell’istruzione se c’è il profitto non c’è più il benessere collettivo, nella sanità se c’è il profitto non c’è più il benessere collettivo. E anche nella solidarietà, se diventa un mestiere perde l’essenza del valore”. Così all’AdnKronos Marco Rizzo, segretario Partito comunista e fondatore Italia Sovrana e Popolare. Mette su twitter “il resoconto e il video che testimonia la censura ai danni del regista di ‘L’Urlo’ Michelangelo Severgnini. Il film mostra la realtà della crisi libica e la posizione delle Ong nella tratta degli immigrati forzati”.

Le Ong interrompono il film dopo pochi minuti

Due giorni fa, infatti, Severgnini invitato al “Festival del cinema dei diritti umani” di Napoli per proiettare il suo film, “L’Urlo”. La proiezione, però, come raccontato dallo stesso Severgnini intervistato da “l’antidiplomatico”, “è stata interrotta dopo soli 20 minuti” per “l’intervento di alcuni personaggi attivi nelle cosiddette Ong. Che hanno imposto ai tecnici la sospensione della proiezione e, afferrato un microfono, in chiaro stato di alterazione, hanno preso ad accusare i contenuti del film (per altro espressi dai migranti-schiavi in Libia) e il regista”. Severgnini afferma che “lo squadrismo dei buonisti interrompe la proiezione del film a Napoli”, spiegando che il film “è il risultato di un ricerca che dura ormai da 4 anni in diretto contatto con le fonti primarie in Libia, il che significa i cittadini libici e i cosiddetti migranti-schiavi”.

I clandestini dalla Libia vogliono solo tornare a casa e non per mare

Punto centrale del documentario è che i migranti-schiavi “intrappolati” e sfruttati in Libia, “non ci pensano nemmeno a venire in Europa” rischiando la vita su imbarcazioni di fortuna, ma “vogliono tornare a casa” e questa, per Severgnini, è “la verità che nessuno vuole ammettere”. “E non è così irragionevole voler tornare a casa – spiega il regista -. Perché se si sono spostati verso la Libia, non è perché stavano nel dilemma ‘o Europa o morte’, come vogliono farci credere le Ong, ma semplicemente perché ingannati, perché qualcuno gli ha promesso qualcosa di vantaggioso che poi non si è verificato”. Finendo poi per essere “schiavi in Libia” che “mai raggiungeranno l’Europa”.

Rizzo: fa pensare che proprio le Ong abbiano fatto questo gesto violento

Ecco perché, sottolinea, vogliono essere “riportati a casa” dalle loro famiglie”. Solo che “i voli di evacuazione non vengono facilmente autorizzati dalle autorità di Tripoli, perché se si svuotasse la Tripolitania di migranti-schiavi si fermerebbe l’economia”. All’AdnKronos Rizzo commenta: “La vicenda dei lager in Libia è abbastanza nota, non l’ha scoperta solo Severgnini, ci sono molte testimonianze. E’ un tema assolutamente da approfondire. Ma il fatto che con un film si ponga la questione e il film venga interrotto proprio da quelli che sono in collegamento o direttamente dalle Ong, fa pensare”. Nel suo racconto Severgnini spiega di essere stato invitato al festival dal direttore Maurizio Del Bufalo.

Molti clandestini accusano apertamente le Ong

Ma “la serata a tema era un’apoteosi celebrativa del diritto al salvataggio (come lo chiamano loro) o del diritto alla circonvenzione (come lo chiamo io), alla presenza di alcuni tra i maggiori esponenti delle Ong italiane, gli ho fatto notare che il mio film non era esattamente il lavoro più indicato per questa serata. Stupefatto mi ha chiesto: ‘E perché?’. Io ho risposto: ‘Perché molti migranti in Libia che si esprimono durante il film accusano le Ong’. Sta di fatto che dopo 20 minuti di proiezione il film interrotto”.

Il “pull factor”, esiste, le Ong li attirano a imbarcarsi alle ventura

Severgnini: “A giudicare dal rumoreggiare delle prime file della sala (dove stavano seduti i responsabili delle Ong), il crescendo dell’insofferenza inizia subito. Quando un migrante in Libia afferma: ‘Ora molti qui vogliono tornare a casa, ma voi Europei piuttosto li volete spingere a rischiare la vita ancora una volta di più nel Mediterraneo’. Questa frase in realtà è una bomba nella testa di un attivista delle Ong, perché in poche e semplici parole dimostra senza possibilità di smentita che il fattore di attrazione, il pull factor esiste. Ossia è vero che i migranti-schiavi in Libia subiscono la propaganda delle Ong, attraverso i social, e sono in tal modo invitati a partire (e a rischiare la vita). Questo è uno dei punti che, qualora dimostrato (e dimostrato lo è), fa cascare tutto il castello della loro narrazione fiabesca”.

“Questo film può essere proiettato solo a CasaPound”

“In seguito all’interruzione della proiezione e ai primi insulti – prosegue il racconto di Severgnini -, uno degli organizzatori prende il microfono e cerca di spiegare che non è possibile interrompere la proiezione di un film”. Ma “il tentativo fallisce perché a questo punto anche altri esponenti delle Ong raggiungono il microfono e rincarano la dose”. E “non solo avallano e giustificano l’interruzione, ma si lasciano andare a dichiarazioni del tipo ‘tutto quello che avete sentito in questi 20 minuti è falso’ (anche quanto raccontato dai migranti-schiavi in Libia, evidentemente), ‘questo lavoro può essere proiettato solo a Casapound’”.

Padre Zanotelli benedice il linciaggio e la violenza degli squadristi delle Ong

“A benedire l’operazione di censura del film e di linciaggio del regista – conclude Severgnini – accorre anche padre Alex Zanotelli. Il quale afferma che ‘questa robaccia non può essere proiettata in questo festival’. Dopo 20 minuti ad ascoltare le accuse scomposte dei suddetti, ricevuta la notizia dagli organizzatori che non erano fisicamente in grado di riprendere il controllo della situazione, ho abbandonato la sala”. L’azione dei rappresentati delle Ong che interrompono la proiezione del film, fa dire a Rizzo che si tratta di “militanza globalista. Che finora non c’era, oggi si aggiunge anche questa”.