Nidi privati, scatta l’allarme. Senza aiuti uno su cinque chiude

È scattato l’allarme dei nidi privati di Roma e del Lazio. Che senza aiuti immediati e stanziamenti adeguati rischiamo di andare incontro a un vero e proprio bagno di sangue. Tanto che a giugno almeno uno su cinque dovrà chiudere. Questo è emerso durante l’audizione delle associazioni rappresentative della categoria e dei sindacati ieri in commissione Istruzione alla Regione Lazio. Si tratta dei nidi non convenzionati, quelli Be.Bi. Ma anche di quelli che hanno chiesto e ottenuto la convenzione. Ma che stanno soffrendo, per il ritardo nei pagamenti da parte della Regione. E anche perché l’ammontare del contributo che poteva essere sufficiente prima della pandemia, adesso appare assolutamente inadeguato. Molte famiglie stanno scegliendo di lasciare a casa i figli piccoli, spaventate dal rischio contagio. Ma gli affitti continuano a correre, così come gli stipendi del personale e delle educatrici. Senza interventi concreti, sarà durissima resistere. Questa la denuncia avanzata dall’associazione Aninsei Lazio, che rappresenta gli istituti non statali di educazione e di istruzione. Come ha illustrato direttamente ieri in commissione il presidente Goffredo Sepiacci.

I nidi privati sono sul piede di guerra. La Regione è in ritardo nei pagamenti e servono subito più fondi

Il presidente di Aninsei Lazio è stato chiaro ieri. In commissione regionale Istruzione, alla presenza dell’assessore Alessandra Troncarelli. La situazione a Roma è grave, ha attaccato Sepiacci in una dichiarazione ripresa dall’agenzia Dire. Ma a Viterbo e a Rieti non siamo messi meglio. La Regione ha pagato solo i contributi per l’annualità 2018-19, e solo ora stanno arrivando i soldi del 2020. Ma oltre che sulla tempistica nell’erogazione dei fondi, chiediamo anche uno sforzo in più. Per avere maggiori risorse disponibili. Perché quelle attuali non bastano più. Fin qui l’Aninsei, spalleggiata anche dalle altre associazioni presenti in audizione. Come il Gruppo Nidi infanzia, Onda Gialla e Scarabocchiando. Da parte sua l’assessore Troncarelli si è difesa, sostenendo che all’avviso regionale per tre milioni di contributi avrebbero partecipato solo una settantina di nidi. Circa il 50% dei potenziali aventi diritto. Una percentuale bassa, indubbiamente. Forse per i criteri presenti nel bando, che ponevano alcune condizioni per accedere ai finanziamenti. Come quella di assumere nuovo personale, o di non ridurre la forza lavoro attualmente impegnata nelle strutture.

I sindacati, a Roma i Municipi vanno per conto loro. E spesso le Asl non indicano il responsabile covid

Anche i sindacati di categoria hanno alzato la voce in commissione, e preteso chiarezza. Su fondi e contributi certo. Ma anche sul versante della sicurezza. E della uniformità delle regole che devono valere per tutti. Così Giancarlo Cosentino della Cisl ha chiesto a Regione e Comuni di considerare il maggior fabbisogno di personale, causato dall’emergenza pandemia. E alle Asl di essere più sollecite nell’’indicare il referente covid. Per garantire sicurezza al personale, ai piccoli ospiti e alle loro famiglie. Mentre Massimo Mattei della Uil ha lamentato la difformità nell’analisi  del rischio e nelle procedure presenti nei diversi Municipi di Roma. Sarebbe opportuno fare screening uniformi per tutto il personale, ha concluso Mattei. Seguendo semplicemente i protocolli sanitari nazionali e regionali. Facendo maggiore attenzione ai tracciamenti. Per scoprire se il virus sia presente all’interno dei nidi, e vanga portato all’esterno o viceversa. Regole chiare e maggiori fondi insomma. Per evitare che anche questo fondamentale servizio per le famiglie vada a gambe all’aria.

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