“Non fate il vaccino a chi è già stato infettato”. L’appello di un gruppo di medici

vaccino

Prevedere un dosaggio pre-vaccinazione degli anticorpi anti Sars-CoV-2, e valutare di non somministrare il vaccino anti-Covid a chi li ha in quantità tali da poter confidare su una protezione naturale contro il coronavirus pandemico. A lanciare la proposta è Nino Mazzone, direttore del Dipartimento Area medica, Cronicità e Continuità assistenziale dell’Asst Ovest Milanese, che insieme al suo gruppo ha firmato una ‘Research Letter’ pubblicata oggi su ‘Jama Internal Medicine’. “Per una persona guarita da Covid-19, la probabilità di reinfettarsi è pari allo 0,07% a un anno. Un dato basato sull’evidenza scientifica, che va considerato per una campagna vaccinale più efficace e sicura”. Così l’internista, che nel novembre 2020 finì ricoverato per Covid nel reparto che dirige all’ospedale Civile di Legnano, Milano.

Chi è Guido Mazzone, il medico prima firmatario

All’Adnkronos forte della doppia esperienza di ‘camice’ (4.200 pazienti Covid gestiti da inizio emergenza) racconta. Mi sono trovato in ‘pigiama’ dalla sera alla mattina (“la febbre, la tosse, lo yogurt che ti sembra calce e capisci che è arrivato”, raccontava nel suo diario da paziente), Mazzone l’aveva detto già a dicembre: “Il vaccino non va fatto a chi ha avuto la malattia”. L’ha sempre ripetuto e ora ci ritorna con i numeri in mano: “Oltre 122mila tamponi, quasi 16mila positivi e solo 5 reinfettati a un anno, nessuno in modo grave”.

“Nel corso di questa pandemia ci siamo trovati continuamente di fronte a situazioni nuove, che non avevamo mai sperimentato – riflette lo specialista – Fra queste, la particolare natura di Sars-CoV-2 e le metodologie diagnostiche per evidenziarlo. Ma se una persona avesse già gli anticorpi? Potrebbe ad esempio avere contratto il virus in modo asintomatico. In tal caso, il conteggio degli anticorpi dopo il vaccino darebbe una risposta inutile: come faremmo a sapere se gli anticorpi erano già presenti o se sono stati indotti dal vaccino? Sarebbe quindi di grande utilità eseguire il dosaggio degli anticorpi prima di fare il vaccino e, magari, non somministrarlo a chi già li ha”.

Quel vaccino a Stefano Paternò e l’effetto overdose

“In questo modo si risparmierebbero moltissime dosi di vaccino”, osserva Mazzone, che però ne fa anche una questione di sicurezza: “Si eviterebbero – avverte – anche potenziali danni a chi, con già gli anticorpi, dopo il vaccino potrebbe sviluppare una reazione”. Perché “se le reinfezioni sono rare, e uno ha gli anticorpi, è come se fosse vaccinato” naturalmente. Attenzione quindi che per lui l’iniezione-scudo non abbia un ‘effetto overdose’: “Per evitare la comparsa di reazioni allergiche e la formazione di immunocomplessi con malattie correlate come vasculite, nefrite, sindrome da distress respiratorio acuto (Ards) e altre ancora – insiste l’esperto – sarebbe utile dosare gli anticorpi prima di vaccinarsi”.

Mazzone guarda “con grande tristezza” alla cronaca di queste ore: “Un giudice di Siracusa, su parere di esperti internazionali, si appresta a dare certezza alla nostra ipotesi”. Perché secondo le conclusioni dei consulenti della Procura, ricorda il medico, Stefano Paternò, “il giovane sottufficiale della Marina Militare morto dopo avere ricevuto il vaccino di AstraZeneca, è deceduto perché aveva fatto il Covid senza accorgersene. Aveva gli anticorpi e ha avuto una reazione Ards immunitaria che l’ha ucciso. Nessuna trombosi, nessuna colpa del vaccino, solo troppi anticorpi. Purtroppo inascoltati, l’avevamo detto a dicembre”.