“Nuoce gravemente alla salute”: un avviso sugli smartphone per tutelare bimbi e adolescenti. La diffida al ministero parte da Roma
Documenti alla mano, l’Istituto Internazionale per il Consumo e l’Ambiente (IICA) decide di portare il
tema degli smartphone per i minori direttamente sul tavolo del governo. Una diffida formale indirizzata al
ministro della Salute Orazio Schillaci, al Consiglio Superiore di Sanità e al Ministero delle Imprese e del
Made in Italy. A firmarla sono tre avvocati romani: Giuseppe Lo Mastro, presidente dell’IICA, insieme ai
colleghi Stefano Rossi e Caterina Paone. L’idea di fondo è semplice e dirompente: lo smartphone, per i
bambini, non è un oggetto neutro.
“Vietato sotto i 3 anni”: la richiesta che può cambiare le regole del gioco
La diffida non si limita a generici appelli al “buon senso” dei genitori. I tre avvocati chiedono che
telefoni, smartphone e tablet siano riconosciuti ufficialmente come prodotti potenzialmente pericolosi per la salute dei minori, che ne sia vietato l’uso sotto i tre anni e che su ogni dispositivo sia apposto un vero e proprio avviso sanitario. Una formula secca, in stile pacchetto di sigarette: “L’uso di questo dispositivo può causare ritardi nello sviluppo, problemi comportamentali e danni alla salute psichica dei bambini”. L’obiettivo è colpire dove oggi manca un’informazione chiara: nel momento dell’acquisto.
La replica del Ministero: iniziative, linee guida e un “no” sull’allarme pericolosità
Dal Ministero della Salute arriva una risposta che, a leggere le carte, suona come un “sì, ma no”. Sì, alle
iniziative di sensibilizzazione: si ricordano i documenti sui primi mille giorni di vita, i progetti finanziati
per l’uso consapevole del digitale, le pagine istituzionali dedicate al rapporto tra telefoni cellulari e salute,
con un decalogo di buone pratiche per i genitori. No, invece, all’idea di bollare gli smartphone come
prodotti pericolosi: secondo il Ministero, allo stato attuale, non ci sarebbero presupposti sufficienti per
una segnalazione di pericolosità dei devices digitali come chiesto dall’IICA.
Il paradosso delle scuole: lo Stato vieta in classe, ma è prudente in vetrina
C’è però un cortocircuito evidente. Se si guarda alle scuole, è lo stesso Stato ad aver preso una posizione
rigorosa: divieto assoluto di utilizzo degli smartphone dalla scuola dell’infanzia fino alla fine della scuola
media, provvedimento poi esteso anche alle superiori, con motivazioni che parlano di riduzione della
concentrazione, danni al rendimento, isolamento sociale e aumento dei casi di ritiro sociale volontario. In
aula il cellulare è trattato come un fattore di rischio da tenere fuori dalla porta. Nei negozi, invece, resta
un prodotto come un altro, privo di qualsiasi avvertenza specifica per i minori.
Il fronte scientifico: bambini iperconnessi tra ritardi, ansia e dipendenze
Sul tavolo, intanto, c’è una mole crescente di studi che descrivono un quadro preoccupante. L’uso di
schermi sotto i due anni viene associato a ritardi del linguaggio e difficoltà di attenzione, l’esposizione
eccessiva fra i 3 e i 6 anni a sovrappeso e problemi di sonno, mentre nell’adolescenza emergono con forza ansia, isolamento, dipendenza da social e perdita di autostima. Gli esperti chiedono di rinviare il più
possibile l’introduzione dello smartphone personale e di ridurre drasticamente i tempi di esposizione agli
schermi. È questa l’onda scientifica su cui l’IICA prova a costruire la propria offensiva legale.
Il nodo giuridico: prodotto connesso, minori vulnerabili e dovere di informare
La strategia degli avvocati parte da un presupposto: quando un prodotto è destinato – di fatto – anche ai
minori, lo Stato non può limitarsi a raccomandazioni generiche. Le norme sulla sicurezza dei prodotti e
sul Codice del consumo impongono al produttore di immettere sul mercato solo beni sicuri e di fornire
tutte le informazioni utili a prevenire i rischi, con un’attenzione particolare ai soggetti più vulnerabili
come i bambini. I legali dell’associazione evidenziano che gli studi scientifici che si sono susseguiti sul tema, pur avendo suscitato una crescente attenzione nell’ambito di comunità ristrette, non sono divenuti ancora senso comune tra le masse.
“Si sta riproponendo per più versi una situazione analoga a quella dei rischi per la salute causati dal
fumo delle sigarette” sottolineano al riguardo gli avvocati Stefano Rossi e Caterina Paone, i quali
aggiungono: “Senza una capillare informazione da parte delle autorità nasceranno nuove disuguaglianze
conseguenti alla mancata consapevolezza, da parte degli adulti, dei danni sulle capacità cognitive e relazionali dei bambini derivanti dall’uso incontrollato degli schermi e degli apparecchi digitali fin dalla
più tenera età”.
Gli smartphone, per progettazione e utilizzo, entrano nella categoria dei prodotti digitalmente connessi
che incidono direttamente sulla vita quotidiana dei bambini. Da qui la richiesta di un avviso obbligatorio e
di campagne istituzionali più esplicite e massicce.
Il countdown dei 60 giorni: verso il Tribunale
Ad oggi a seguito del rifiuto del Ministero della Salute di assumere le iniziative richieste a tutela dei
minori, l’associazione è pronta a dare battaglia legale, per fare annullare il diniego e costringere il
Ministero ad adottare tutte le misure necessarie per tutelare i minori, ivi incluso il divieto di utilizzo per i
minori di tre anni.
Sullo sfondo, resta una domanda che riguarda milioni di famiglie: se un oggetto invade la quotidianità dei
bambini e la scienza ne segnala gli effetti, chi deve assumersi la responsabilità di dirlo a chiare lettere – il
mercato o lo Stato?