Omicidio di Capena, tre arresti per la morte di Stefano ‘Luigi’ Cena: picchiato alla sagra dell’uva per una lite banale
Hanno un nome e un volto i presunti assassini di Stefano Cena, il giostraio di Capena morto dopo un pestaggio brutale avvenuto nella notte del 5 ottobre. Dopo settimane di indagini serrate, i Carabinieri della Compagnia di Monterotondo, coordinati dalla Procura di Tivoli, hanno arrestato tre giovani, due 19enni e un 24enne, tutti italiani, accusati di omicidio volontario aggravato in concorso.
Dietro quelle botte, secondo gli investigatori, non c’è alcuna faida o regolamento di conti. Solo una lite banale, degenerata in una violenza cieca e inspiegabile.
Le indagini: la lite, il tentativo di difendere la moglie e l’omicidio
Gli inquirenti hanno ricostruito l’intera dinamica grazie a un mix di testimonianze, intercettazioni e immagini di videosorveglianza. Un lavoro minuzioso portato avanti dalla Stazione di Capena e dalla Sezione Operativa di Monterotondo, sotto la direzione della Procura di Tivoli. La sera della rissa, Stefano Cena si trovava nei pressi della giostra gestita da suo fratello, dove lavoravano anche i tre arrestati. Un confronto nato già nel pomeriggio, che si è trasformato in una vera e propria rissa. Prima insulti, poi spinte, fino a quando un gruppo di ragazzi lo ha circondato e colpito ripetutamente.
Ferito ma ancora in piedi, Stefano Cena era riuscito a fuggire di pochi metri, finché non ha visto la moglie minacciata. Si è voltato per difenderla, ma in quel momento la violenza è esplosa di nuovo. I tre, insieme ad altri non ancora identificati, lo hanno raggiunto e colpito con calci e pugni fino a farlo cadere a terra.
Nonostante i soccorsi e giorni di agonia, Stefano Cena è morto il 14 ottobre per le gravi lesioni riportate. Un pestaggio tanto feroce da non lasciargli scampo.
Gli arresti all’alba
Questa mattina, all’alba, i Carabinieri hanno dato esecuzione alle tre ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal GIP del Tribunale di Tivoli, su richiesta della Procura. I tre giovani sono stati portati nel carcere di Rebibbia, a disposizione dell’autorità giudiziaria. Il figlio della vittima, accorso per aiutare i genitori, era stato a sua volta minacciato dal gruppo, ma l’intervento tempestivo delle pattuglie ha evitato che la violenza travolgesse anche lui. Gli inquirenti non escludono che altre persone abbiano partecipato all’aggressione: le indagini proseguono per dare un nome e un volto a tutti i responsabili di quella notte di follia.
A Capena, la notizia degli arresti non basta a lenire il dolore. Tutti conoscevano Stefano, il suo lavoro, la sua gentilezza. In molti parlano di una tragedia evitabile, di un uomo ucciso solo per aver provato a mettere pace. “Non si può morire così, per una lite da niente”, sussurra chi lo conosceva. Un sentimento condiviso in un paese che oggi, a distanza di un mese, continua a chiedere giustizia e verità.