Omicidio Diabolik, Fagnani: “Non maturato nell’ambiente calcio”

Francesca Fagnani, giornalista e conduttrice di “Belve”, accende i riflettori su uno dei casi più emblematici e controversi della criminalità romana: l’omicidio di Fabrizio Piscitelli, noto come “Diabolik”, storico capo ultras della Lazio. Durante un intervento alla XVI edizione di “Ponza d’Autore”, Fagnani ha delineato con chiarezza le dinamiche criminali che si muovevano attorno alla figura di Piscitelli, sottolineando come la sua morte non sia da ricondurre al mondo del calcio, pur essendo le curve una risorsa militare per certi ambienti malavitosi.
Un omicidio fuori dallo stadio, dentro il crimine
“L’omicidio Diabolik non è maturato nell’ambiente del calcio”, chiarisce Fagnani, “ma è innegabile che gestire una curva significasse avere un esercito a disposizione. Alcuni dei membri della curva nord erano realmente coinvolti in attività criminali, altri lo erano potenzialmente. Piscitelli quel potere lo esercitava anche fuori dallo stadio, e il suo carisma gli garantiva un consenso trasversale”. Secondo la giornalista, la curva non era solo tifo, ma un bacino di potere, di controllo del territorio e, per chi sapeva usarla, un’arma sociale. “Bastava un gesto, un braccio alzato – spiega – e la curva si girava. Questo dava a Piscitelli un peso enorme, anche in dinamiche ben lontane dal calcio”.

Da Acilia al narcotraffico
Durante il suo intervento, Fagnani ha anche tracciato il legame tra la criminalità organizzata albanese e la figura di Diabolik. “Vent’anni fa, alla periferia di Roma, ad Acilia, gruppi criminali albanesi hanno cominciato a strutturarsi. Erano fornitori di armi e killer, affidabili e feroci. Due qualità fondamentali nel mondo criminale. Li chiamavano ‘pugilatori’, perché si occupavano di recupero crediti per conto terzi”. Proprio questi gruppi, ha spiegato la giornalista, finirono per diventare la “batteria” armata di Diabolik, legandosi a lui in un rapporto di mutua utilità: da un lato la forza bruta e l’efficienza operativa, dall’altro il prestigio e il controllo sociale garantito dalla curva. Oggi, sottolinea Fagnani, la criminalità albanese è seconda solo alla ‘ndrangheta, per capacità organizzativa e potenza economica, e il legame con certi settori del tifo estremo ha rappresentato un punto di svolta nella gestione del potere nelle piazze di spaccio della Capitale.
Criminalità e curve
“La morte di Diabolik – ha affermato Fagnani – è stato uno shock non solo per il mondo ultras, ma per tutto un sistema che attorno a lui aveva trovato una struttura.” La giornalista ha poi ricordato come la penetrazione della criminalità organizzata nelle curve non sia un fenomeno isolato: “Basta guardare a Milano, dove stiamo vedendo come la criminalità stia investendo nelle curve. Perché rappresentano, di fatto, un esercito potenziale a disposizione”.
Un omicidio che ha cambiato gli equilibri criminali
L’assassinio di Piscitelli, avvenuto nell’agosto 2019 con un colpo alla testa in pieno giorno al Parco degli Acquedotti, è stato interpretato come un messaggio mafioso ad alta visibilità. Una morte che ha lasciato un vuoto, ma anche acceso nuove guerre di potere nei quartieri e nelle piazze di spaccio della capitale. La sua figura resta al centro di un’indagine complessa che ha svelato i contorni di una Roma criminale fluida, dove i confini tra calcio, droga, armi e consenso sociale si sovrappongono in modo inquietante.