“Onore al Duce!”. Perché dopo cento anni la gente va ancora a Predappio

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“Non abbiamo avuto paura di lui da vivo, non ne avremo neanche da morto”. Lo disse il sindaco comunista di Predappio nel 1957, quanto il presidente del Consiglio, il democristiano Adone Zoli, nativo di Predappio, annunciò il ritorno delle spoglie di Benito Mussolini nel paese natìo. Erano trascorsi 12 anni dalla morte del duce e 11 dal trafugamento del suo corpo dal cimitero milanese del Musocco da parte di Domenico Leccisi e altri due giovani. Il corpo venne poi nascosto alla Certosa di Pavia, dove quattro mesi dopo la polizia lo trovò, in seguito alle dichiarazioni di uno dei fascisti che avevano partecipato all’azione del 23 aprile 1946 al Musocco. Nonostante Rachele Mussolini reclamasse il corpo del marito, tuttavia non fu accontentata. Bisognava insabbiare la faccenda.

La salma di Mussolini nascosta per oltre dieci anni dal governo

Per questo fu segretamente nascosto nella cappella del convento cappuccino di Cerro Maggiore, poco lontano da Milano. Così Predappio riebbe nel 1957, nel cimitero di San Cassiano del Pennino, il suo figlio più famoso, nella tomba di famiglia dove tuttora riposa. E dal 1957 a oggi, in modo più o meno clandestino all’inizio, ma poi man mano più apertamente, decine di migliaia di nostalgici sono andati in pellegrinaggio alla tomba di Mussolini, alla spicciolata o in corteo, come domenica scorsa. In pellegrinaggio, sì: perché le visite a San Cassiano rappresentano una vera e propria liturgia, un rito laico, non un atto politico e tantomeno eversivo. Tre sono le date in cui si concentrano i maggiori afflussi: il 28 aprile, giorno dell’assassinio, il 29 luglio, giorno della nascita, e il 28 ottobre, anniversario di quella Marcia su Roma da cui tutto iniziò.

Decine di migliaia di persone il 29 luglio 1983, centenario della nascita

Secondo le cronache dei giornali, che spesso di occupano di questi raduni a Predappio, la giornata con più afflusso di persone fu quella del 29 luglio 1983, centenario dela nascita di Mussolini, quando si arrivarono a Predappio diverse decine di migliaia di persone da tutta Italia e anche dall’estero. Era presente anche Giorgio Almirante, leader del Movimento Sociale nonché ex combattente della Repubblica Sociale. Moltissimi esponenti e parlamentari del Msi nei decenni passati andarono a Predappio sulla tomba di Mussolini, ma ci piace ricordarne uno più presente degli altri, uno che non mancava mai: Giuseppe Ciarrapico, che continuò ad andarci anche quando quasi nessun notabile ci andava più. Anche se per la verità non fu l’unico.

Molti i giovani presenti a questi pellegrinaggi

Quello che non capirono alcuni politici, ansiosi di rifarsi una verginità, è che quel gesto non era anti democratico né rivoluzionario. Ma era solo un luogo del ricordo, mitizzato, se vogliamo, ma pur sempre solo una dimostrazione di fede e anche di nostalgia. Quest’onda non la si è mai potuta fermare,e neanche le amministrazioni di Predappio, tutte comuniste fino al 2019, quando vinse il centrodestra, fecero gran che per interromperle. Solo i giornali di sinistra e l’Anpi strillarono al lupo, ma senza sortire alcun effetto. Anzi, sempre più giovani ci vanno. Forse per curiosità, forse per interesse storico e politico, chiedendosi come mai dopo cento anni ci sia ancora chi perde una giornata per andare in quel luogo. Ed è una cosa che dovremmo chiederci tutti, in questo Paese che non sa fare i conti con la sua storia.

Le sagge parole di Enzo Biagi

Commentando il ritorno a casa nel 1957 dell’ex maestro elementare socialista, così commentava uno dei più grandi giornalisti che abbiamo avuto in Italia, Enzo Biagi. “Il Governo ha agito opportunamente e Mussolini riposa ora nel piccolo cimitero di Predappio. I suoi cari, i suoi ammiratori hanno una tomba su cui pregare; c’è un registro che raccoglie le firme, ci sono dei vasi nei quali – chi vuole – può deporre fiori. E davanti a una bara rancori ed esaltazioni non hanno alcun senso, i morti dovrebbero richiamare solo la nostra pietà. Il giudizio della Storia, del resto, non subisce l’influenza degli “Alalà”, né delle maledizioni. Non ci pare che le attuali istituzioni si reggano sull’esilio dei defunti. Non le vediamo minacciate da questi malinconici ritorni che hanno la tristezza consueta di tutti i funerali e l’amarezza che accompagna i bilanci fallimentari”.