Ora come allora: 50 anni fa la strage dei terroristi palestinesi a Fiumicino, 32 morti e 15 feriti

strage di Fiumicino
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Sono le ore 12.51 del 17 dicembre 1973. All’aeroporto romano di Fiumicino un commando di cinque terroristi palestinesi arrivato al controllo passaporti, tira fuori le armi e prende alcuni ostaggi. Mentre viene attaccato un aereo della compagnia Pan American, fermo sulla piazzola delle partenze, gettando ordigni al fosforo e seminando la morte tra i passeggeri, altri terroristi si dirigono con gli ostaggi a bordo di un altro aereo della Lufthansa dall’altra parte della pista. L’equipaggio viene poi costretto a decollare e a sorvolare i cieli del Medio Oriente, con una tappa ad Atene e un’altra a Damasco, fino al giorno dopo quando l’incubo finisce all’aeroporto del Kuwait dove passeggeri e ostaggi vengono liberati e i terroristi arrestati.

Strage dimenticata: perché?

Ricorrono quest’anno i 50 anni dall’attentato di Fiumicino in cui hanno perso la vita 32 persone e altre 15 sono rimaste ferite. Tra le vittime sei sono italiane, la famiglia De Angelis, con Giuliano, Emma e la figlioletta Monica, Raffaele Narciso, Domenico Ippoliti e il finanziere Antonio Zara, ucciso mentre cerca di opporre resistenza ai terroristi. Giovanissimo finanziere in servizio nell’aeroporto, Zara prova ad affrontare i terroristi in una reazione disperata ma viene assassinato con un colpo alle spalle. “La strage di Fiumicino non viene mai ricordata, ciò ha creato nella nostra famiglia disagio e sconforto”, afferma infatti all’Adnkronos Angelo Zara, fratello di Antonio, raccontando la tragedia che stravolse la vita della sua famiglia.

Il ricordo del fratello del finanziere Zara

“Erano le 12.51 del 17 dicembre 1973 – ricorda -. Un’edizione straordinaria del telegiornale diede l’annuncio della strage che si stava consumando all’aeroporto di Fiumicino. Alle 15 il comandante provinciale della Guardia di Finanza ci portò la notizia, ricordo ancora il tragitto fino a Roma quando ancora pensavamo che mio fratello fosse solo ferito”. Angelo all’epoca aveva 25 anni, cinque in più del fratello minore Antonio, e ha ancora impresso nella mente il momento in cui la salma del giovane finanziere fece rientro a San Felice del Molise, paese della provincia di Campobasso del quale era originario: “La piccola piazza era gremita di gente, ma non si sentiva volare una mosca. Risuonava solo l’urlo di mia mamma che chiamava il figlio”.

Medaglia d’oro al valore militare per il finanziere Zara

L’attentato, ricorda Angelo Zara, ha cambiato tutto: “Io e la mia famiglia abbiamo passato periodi molto brutti. Sconforto e dolore hanno preso il sopravvento sulla calma e sulla serenità che regnavano prima”. “Usciti dal tunnel ci siamo posti delle domande: perché quella strage? Perché negli anni non se ne è mai parlato? Tutti punti interrogativi tuttora irrisolti“. Il fratello del finanziere Zara assicura che in questi 50 anni “la Guardia di Finanza da sempre vicina, sempre supportato e a questa istituzione va tutto il mio ringraziamento”. Quanto alle altre istituzioni Angelo Zara ha qualche dubbio: “Io penso che una medaglia d’oro al valore militare (riconoscimento di cui insignito il finanziere ucciso ndr) dovrebbe essere ricordata.

L’attentato di Fiumicino del 1973 sembra un tabù

Le altre medaglie d’oro al valore militare vengono ricordate mentre mio fratello no”. A ciò si aggiunge la mancanza di una verità giudiziaria: “La magistratura quando accadono queste cose apre un fascicolo, svolge indagini – aggiunge il fratello del finanziere eroe -. Noi mai informati né sull’apertura di un fascicolo né di un’eventuale chiusura”. L’attentato di Fiumicino del 1973 sembra “un tabù – conclude – Speriamo un giorno di saperne di più”.

Un poliziotto presente scrive un libro sulla strage

Intanto, venerdì 15 dicembre alle 10, sarà presentato alla Fondazione Willy Brandt a Roma il libro “Lo sparatore sono io – Prigioniero dello Stato per aver difeso lo Stato”, di Antonio Campanile, Nuccio Ferraro e Francesco Di Bartolomei. Il volume racconta la strage anche attraverso il racconto di Antonio Campanile che, all’epoca poliziotto in servizio allo scalo romano, si oppose ai fedayin sparando alcuni colpi d’arma da fuoco da un terrazzo. Un gesto, accusa, caduto nell’oblio e in seguito al quale addirittura trattenuto in caserma sei giorni. “Il 90% degli italiani non conosce l’attentato di Fiumicino del 1973. Si parla di tutte le stragi, mai di questa triste ricorrenza. Da qui nasce la mia indignazione e mi domando il perché di tutto questo”, sottolinea l’ex poliziotto.

La drammatica testimonianza del poliziotto Campanile

Campanile ha ancora impressi negli occhi quei momenti: “Ero in servizio al controllo passaporti quando sentii alle spalle un forte boato: raffiche di mitra all’improvviso, gente che scappava, così andai all’ufficio dove stava il maresciallo, e presi un’arma lunga con 3-4 caricatori recandomi sul terrazzo insieme ad altri poliziotti”. Dall’alto Campanile vide il finanziere Zara, “mio coetaneo, lo strattonanavano” dai terroristi e poi “dal portellone dell’aereo si affacciò un fedayn iniziando a sparare, mi vide sul terrazzo e mi sparò addosso. Vidi Zara cadere (sotto i colpi sparati alle spalle ndr) e sparai e il terrorista scappò nell’aereo”, continua.

“Dopo la sparatoria mi trasferirono, non so perché”

“Quando sono sceso dal maresciallo gli dissi che avevo sparato e lui mi chiese di recuperare i bossoli – prosegue Campanile -. Poi mi si chiesao chi mi aveva dato l’ordine di sparare. Io risposi che era una difesa personale, avevo addirittura proposto di bloccare l’aereo invece ci si rifiutò”. Nei giorni successivi, si racconta nel libro, Campanile trattenuto in caserma sulla base di un provvedimento relativo alla possibilità di fuga di informazioni compromettenti. “Il settimo giorno – sottolinea – mi mandarono a casa con una licenza breve, poi al rientro mi sono visto trasferire per tre mesi dall’aeroporto internazionale a quello nazionale, ma non ho mai capito il motivo”.

Molte le domande senza risposta

Da allora restano tante le domande alle quali Campanile non è riuscito a dare risposta: “Mi domando come sia potuta accadere una strage del genere” e perché la sensazione è che la sua vicenda sia cancellata: “Anni fa andai all’archivio di Stato e non ho trovato documenti sul mio conto, è come se non fossi mai esistito”. Ma lui, assicura, non scorda ciò che è accaduto: “Io non ho mai dimenticato l’odore di carne bruciata di quel giorno (i morti nell’esplosione degli ordigni ndr) e ancora oggi vedo davanti a me la smorfia di Antonio Zara assassinato con un colpo nella schiena – conclude l’ex poliziotto -. Domenica 17 dicembre credo che andrò all’aeroporto di Fiumicino dove ci sta una targa dedicata proprio a Zara”.