Ora Putin minaccia la Finlandia. E il Nyt rivela: “Russia più ricca dopo il boicottaggio”

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Il presidente russo Vladimir Putin ha avvertito che ci saranno “problemi” con la vicina Finlandia dopo che quest’ultima ha aderito all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (Nato) all’inizio di quest’anno.

“Non ci sono stati problemi, ma ora ci saranno, perché ora creeremo lì il distretto militare di Leningrado e concentreremo definitivamente le unità militari”, ha aggiunto Putin nell’intervista all’emittente statale russa Rossia 1. Oggi sulla stampa finlandese il direttore del programma dell’istituto politica estera Arkady Moshes afferma che le dichiarazioni potrebbero avere un effetto diverso o addirittura opposto a quello auspicato da Putin. L’adesione della Finlandia alla Nato ha segnato un cambiamento importante nel panorama della sicurezza nell’Europa settentrionale e ha aggiunto circa 1.300 chilometri alla frontiera dell’alleanza con la Russia. È stato un duro colpo anche per il presidente Putin, che osteggia da tempo l’espansione della Nato.

“Loro (l’Occidente) hanno preso la Finlandia e l’hanno trascinata nella Nato. Perché abbiamo avuto controversie con la Finlandia? Tutte le controversie, comprese quelle di natura territoriale della metà del XX secolo, sono state appianate da tempo”, ha detto Putin in un’intervista pubblicata domenica, benché l’adesione è avvenuta in seguito a una chiara volontà popolare, prima che politica.

La rivelazione del Nyt: il boicottaggio ha arricchito la Russia

Non c’è solo la questione con la Finlandia: la Russia ha trasformato il boicottaggio subito dalle grandi aziende occidentali dopo l’invasione dell’Ucraina in una “miniera d’oro”. Lo scrive il “quotidiano “New York Times”, sottolineando, a due anni dall’inizio della guerra e dell’imponente campagna sanzionatoria dell’Occidente contro la Russia, che “quando un’azienda intende lasciare il Paese, il presidente (Vladimi Putin) detta i termini secondo modalita’ che beneficiano il suo governo, le sue e’lite e la sua guerra”.

Il quotidiano statunitense ricorda come all’origine della campagna di boicottaggio delle grandi aziende occidentali ci sia stato un esplicito appello formulato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky il 16 marzo 2022: “Lasciate la Russia”, aveva dichiarato il presidente ucraino. “Assicuratevi che i russi non ricevano neanche un centesimo”.

La realtà? Il boicottaggio è una miniera d’oro per Putin

Esortate anche dai rispettivi governi, centinaia di societa’ e aziende di tutti i settori – dall’energia, all’elettronica, all’automotive sino ai beni di consumo e alla ristorazione – hanno risposto all’appello di Zelensky nel corso degli ultimi due anni. Politici e attivisti – scrive il “New York Times” – hanno salutato per mesi questa ritirata generale dalla Russia come il prodromo di un soffocamento dell’economia di quel Paese, e dunque “dello sforzo bellico del Cremlino” in Ucraina.

La realta’, pero’, si e’ rivelata molto differente dalle aspettative, e Putin “ha trasformato le uscite delle principali aziende occidentali in un colpo di fortuna per l’elite fedele alla Russia e lo stesso Stato”, costringendo le aziende a liquidare le loro attivita’ nel Paese a clienti stabiliti da Mosca, e ricorrendo talvolta a vere e proprie confische. Secondo una indagine del “New York Times”, le aziende occidentali che hanno lasciato la Russia hanno messo collettivamente a bilancio perdite per 103 miliardi di dollari dall’inizio della guerra. Putin ha dettato i termini delle liquidazioni, e le ha sottoposte a tassazioni sempre piu’ elevate, “generando almeno 1,25 miliardi di dollari nell’ultimo anno da destinare al forziere di guerra della Russia”.